Il mercato crypto si trova di fronte a uno stress test di proporzioni storiche. Strategy, la holding di Michael Saylor che controlla oltre il 3% dell'offerta globale di Bitcoin (BTC), sta affrontando la tempesta perfetta: un mercato ribassista che ha già cancellato metà della capitalizzazione azionaria dall'inizio di ottobre, e una modifica normativa degli indici MSCI che minaccia di innescare vendite forzate per oltre 8 miliardi di dollari. Il crollo dell'mNAV – metrica chiave che misura il rapporto tra valore azionario e Bitcoin detenuti – sotto quota 1 segna la fine di un'era in cui le azioni MSTR quotavano con un premio del 145% rispetto alle loro riserve crypto. Le implicazioni per l'intero ecosistema sono enormi: se Strategy dovesse liquidare anche solo una frazione dei suoi 650.000 BTC, potrebbe innescare un effetto domino su centinaia di "digital asset treasury" che ne hanno copiato il modello.
La strategia di Saylor si è sempre basata su un meccanismo apparentemente semplice: emettere azioni ordinarie e preferenziali per accumulare Bitcoin, scommettendo sull'apprezzamento continuo dell'asset. Il prezzo medio d'acquisto della società si attesta a 74.436 dollari per BTC, per un investimento totale di circa 48,4 miliardi compresi commissioni e spese. A prezzi attuali, il portafoglio vale circa 58,5 milioni di dollari, rappresentando teoricamente un profitto sostanziale. Ma il modello presenta una criticità strutturale: mentre le azioni ordinarie non generano obblighi finanziari, le preferred shares richiedono dividendi regolari, e Strategy deve onorare pagamenti per circa 200 milioni entro fine anno.
La risposta della compagnia è stata la creazione di un fondo di riserva in dollari da 1,4 miliardi, sufficiente secondo Saylor a coprire 21 mesi di obbligazioni. Una mossa insolita che rivela la pressione crescente sul modello di business. Ancora più significativa è stata la dichiarazione del CEO Phong Le: "Possiamo vendere Bitcoin e lo venderemo se necessario per finanziare i nostri dividendi sotto un mNAV di 1x". Parole impensabili fino a poche settimane fa per un'azienda il cui mantra è sempre stato HODL.
Il contesto normativo si è fatto improvvisamente ostile. Il 10 ottobre, MSCI ha proposto di escludere dai suoi indici le società con oltre il 50% degli asset in criptovalute, una regola che dovrebbe entrare in vigore a febbraio. JPMorgan stima che i gestori passivi saranno obbligati a scaricare almeno 2,3 miliardi di dollari in azioni MSTR, cifra che potrebbe triplicare se altri provider di indici seguiranno l'esempio. Per un'azienda che ha vissuto sui flussi retail e istituzionali attratti dal momentum, l'esclusione dagli indici rappresenta uno shock sistemico.
I detrattori di Saylor, guidati dal gold bug Peter Schiff, hanno intensificato gli attacchi definendo Strategy un "Ponzi scheme" destinato al collasso. Le critiche non sono nuove – Saylor ha già attraversato crisi esistenziali, incluso uno scandalo contabile nel 2000 che gli costò 6 miliardi di dollari in un giorno – ma questa volta il rischio è amplificato dall'esposizione sistemica. Se Strategy dovesse liquidare parte sostanziale delle sue riserve, l'impatto sui prezzi spot di Bitcoin sarebbe devastante, innescando probabilmente margin call a catena su posizioni leveraged e triggering panic selling su exchange centralizzati e decentralizzati.
Eppure non mancano le voci a difesa del modello. Sebastian Bea, ex dirigente BlackRock ora presidente di ReserveOne, sostiene che Saylor stia costruendo una nuova categoria di istituzioni finanziarie crypto-native. Il board di Strategy include Peter Briger, veterano di Goldman Sachs e Fortress, e la società sta diversificando le revenue stream attraverso Bitcoin lending e vendita di covered call options. "Pensatele come banche crypto emergenti", spiega Bea, sottolineando che alcune DAT come la sua puntano su asset che generano yield nativo come Ethereum (ETH), offrendo maggiore sostenibilità finanziaria.
Cosmo Jiang di Pantera Capital va oltre, definendo l'attuale fase come "la genesi di una categoria di business completamente nuova". Secondo il venture capitalist, le digital asset treasury sopravvissute – stima due o tre vincitori per ogni major blockchain – domineranno l'integrazione tra finanza tradizionale e DeFi. Il timing potrebbe giocare a favore: Vanguard, storico oppositore delle crypto, ha appena annunciato l'inclusione di ETF Bitcoin ed Ethereum nei suoi portafogli, segnalando un cambio di sentiment istituzionale.
Il CFO Andrew Kang ha precisato martedì che la vendita di Bitcoin resta "ultima ratio" e solo se l'mNAV rimarrà sotto 1 per un "periodo molto esteso". Ma il solo fatto che Strategy abbia verbalizzato questa possibilità rappresenta un turning point psicologico per il mercato. Il rapporto tra debt e asset rimane sano secondo i sostenitori, e la società continua a generare credito contro il valore eccedente delle sue riserve, esattamente come avviene nel real estate in mercati in crescita.
I prossimi mesi saranno decisivi non solo per Strategy ma per l'intero paradigma delle corporate treasury crypto-based. Con centinaia di aziende che hanno replicato il modello – alcune focalizzate su Solana (SOL) o altri layer-1 – il test di resilienza coinvolge un segmento sempre più significativo del mercato. Se Saylor riuscirà a navigare questa crisi come ha fatto in passato, potrebbe consolidare la sua visione di Bitcoin come reserve asset corporate. Se fallirà, il contagio rischia di travolgere un'intera categoria di business nata appena due anni fa, ridisegnando radicalmente l'equilibrio tra finanza tradizionale e crypto markets.