Il mercato delle criptovalute sta attraversando una fase di profonda difficoltà, con il Bitcoin che fatica a mantenere quota 110.000 dollari e gli investitori che iniziano a mostrare segnali di nervosismo. La situazione appare particolarmente critica se si considera che solo pochi mesi fa molti analisti parlavano di un "Uptober" - un gioco di parole anglosassone che unisce "up" (su) e "October" (ottobre) per indicare un mese tradizionalmente rialzista per le criptovalute. Quella previsione ottimistica sembra ora un lontano ricordo, sostituita da una realtà fatta di volatilità estrema e perdite consistenti.
I numeri raccontano una storia inequivocabile. Dal massimo storico di poco superiore ai 126.000 dollari raggiunto il 6 ottobre scorso, la principale criptovaluta ha perso l'11,5% del suo valore. Solo nell'ultima settimana il calo è stato del 10%, con il prezzo che giovedì mattina è scivolato sotto la soglia psicologica dei 110.000 dollari. Si tratta di un crollo che arriva quasi una settimana dopo quella che è stata definita una cancellazione di valore storica da 19 miliardi di dollari.
Gli analisti di Glassnode, una delle principali società di analisi on-chain del settore, hanno utilizzato un'espressione particolarmente significativa per descrivere il momento attuale: il mercato si trova in una "fase di reset". Questa definizione tecnica nasconde una realtà complessa, caratterizzata da una combinazione di fattori negativi che si rafforzano reciprocamente. La leva finanziaria è stata spazzata via, il sentiment degli investitori è diventato cauto, e qualsiasi ripresa dipende ora dall'arrivo di una nuova domanda consistente.
Le tensioni commerciali internazionali e l'incertezza geopolitica continuano a pesare come macigni sulle quotazioni. A questi elementi esterni si aggiunge la debolezza degli afflussi negli ETF su Bitcoin, gli strumenti finanziari che permettono agli investitori tradizionali di esporsi alla criptovaluta senza possederla direttamente. Mercoledì questi fondi hanno registrato deflussi per 104,1 milioni di dollari, un segnale inequivocabile della crescente cautela degli investitori istituzionali.
Secondo gli analisti di Glassnode, esiste ora una soglia critica identificata a 117.100 dollari: senza un rinnovato catalizzatore che spinga i prezzi sopra questo livello, il mercato rischia una contrazione ancora più profonda verso i limiti inferiori dell'attuale fascia di oscillazione. In altre parole, il peggio potrebbe non essere ancora passato.
Particolarmente interessante è il rallentamento delle acquisizioni da parte delle cosiddette "corporate treasuries" - le società che hanno deciso di accumulare Bitcoin nei loro bilanci come riserva di valore, una strategia diventata popolare dopo l'esempio di MicroStrategy (ora ribattezzata Strategy). CoinDesk ha riportato che la media mobile a sette giorni degli afflussi netti giornalieri verso queste società è recentemente scesa a soli 140 Bitcoin, il livello più basso da metà giugno e un crollo drammatico rispetto al picco di luglio quando si registravano 8.249 Bitcoin al giorno.
Strategy stessa, che con 640.250 Bitcoin rimane il più grande detentore aziendale di criptovaluta al mondo, ha effettuato le sue ultime due acquisizioni - rispettivamente di 220 e 196 Bitcoin - tra le più modeste da quando ha iniziato la sua strategia di accumulo. Un cambio di passo che non è passato inosservato agli osservatori del settore. Le società che seguono questa strategia hanno comunque superato collettivamente il milione di Bitcoin detenuti, con il 91% concentrato in aziende statunitensi, rappresentando quasi il 5% dell'offerta totale della criptovaluta.
Un rapporto pubblicato ad agosto da NYDIG, dal titolo profetico "Come muoiono le DAT" (Digital Asset Treasuries), aveva già evidenziato alcuni segnali di allarme. Il documento spiegava che queste società entrano in difficoltà quando non riescono a generare e sostenere un premio sufficiente rispetto al valore patrimoniale netto - perdendo così la loro principale strada per aumentare la quota di criptovaluta per azione. Questo accade quando falliscono nel generare un premio "memetico" sufficiente o quando gli investitori vendono le azioni, provocando il collasso del premio.
Le previsioni di NYDIG si stanno rivelando accurate. Dopo Nakamoto e diverse altre società, anche Metaplanet è l'ultima a vedere il proprio valore patrimoniale netto scendere sotto 1, con il valore aziendale che è scivolato al di sotto delle sue stesse riserve di Bitcoin. Un paradosso che evidenzia come il mercato stia attualmente valutando queste società meno della somma dei loro asset digitali, segnalando una perdita di fiducia nella strategia stessa di accumulo aziendale di criptovalute.