Le autorità cinesi stanno assistendo a un paradosso che riflette perfettamente l'attuale clima di incertezza nel settore delle criptovalute del Paese. Mentre alcune delle più grandi aziende tecnologiche della nazione stanno facendo pressioni per ottenere l'autorizzazione ufficiale per le stablecoin ancorate allo yuan, le forze dell'ordine locali lanciano simultaneamente avvertimenti sempre più severi contro le truffe che sfruttano proprio questo crescente interesse pubblico. La situazione evidenzia quanto sia complesso il rapporto della Cina con gli asset digitali, oscillando tra opportunità economiche strategiche e preoccupazioni per la sicurezza finanziaria.
L'allarme di Shenzhen: quando l'innovazione nasconde l'inganno
Il 7 luglio 2025, la Task Force Municipale di Shenzhen per la Prevenzione e il Contrasto delle Attività Finanziarie Illegali ha pubblicato una dichiarazione che suona come un campanello d'allarme. I funzionari hanno identificato un modello preoccupante: gruppi fraudolenti che si presentano come innovatori finanziari, sfruttando la terminologia delle criptovalute per mascherare operazioni illegali. Questi operatori senza licenza emettono presunte "valute virtuali" o "asset digitali", attirando investitori ignari con promesse di rendimenti straordinari.
La strategia di questi truffatori è particolarmente insidiosa perché cavalca l'onda dell'interesse legittimo verso le stablecoin ancorate allo yuan. Secondo le autorità, questi gruppi utilizzano il fascino delle nuove tecnologie finanziarie per mascherare schemi di raccolta fondi illegali, promuovere progetti dubbi e facilitare operazioni di riciclaggio di denaro.
Il pressing delle big tech: JD.com e Ant Group in prima linea
Parallelamente agli avvertimenti delle autorità, si sta sviluppando un movimento di pressione completamente diverso. Colossi tecnologici come JD.com e Ant Group stanno intensificando i loro sforzi per convincere la Banca Popolare Cinese (PBOC) ad autorizzare l'emissione di token ancorati allo yuan. La loro argomentazione è di natura strategica: queste stablecoin sarebbero essenziali per supportare l'uso internazionale della valuta cinese, specialmente considerando il dominio attuale di token come USDT nelle transazioni commerciali globali.
Personalità di spicco del settore finanziario cinese stanno aggiungendo la loro voce al coro. Wang Yongli, ex vicepresidente della Bank of China, e Xiao Feng, presidente di HashKey, hanno sottolineato i rischi dell'inazione, evidenziando come il ritardo nell'adozione di queste tecnologie potrebbe penalizzare la competitività internazionale dello yuan.
La responsabilità individuale secondo Pechino
La posizione delle autorità di Shenzhen riflette un approccio tipicamente cinese alla regolamentazione finanziaria. Citando i "Regolamenti sulla Prevenzione e il Trattamento della Raccolta Fondi Illegale", la task force ha chiarito che gli individui che cadono vittime di tali schemi sono responsabili delle proprie perdite. Questo principio di responsabilità personale viene accompagnato da un appello ai cittadini per rafforzare la consapevolezza dei rischi e evitare di fidarsi ciecamente di promesse di investimento esagerate.
Le autorità hanno inoltre incoraggiato i cittadini a segnalare alle forze dell'ordine locali qualsiasi attività sospetta, creando una rete di vigilanza comunitaria contro le frodi finanziarie.
Il confronto con le altre potenze asiatiche
Mentre la Cina continua a navigare in queste acque complesse, altre regioni dell'Asia-Pacifico stanno abbracciando le stablecoin con approcci più aperti. Hong Kong si prepara a introdurre un nuovo quadro di licenze per gli asset digitali il 1° agosto, mentre i regolatori sudcoreani stanno spingendo per la creazione di un framework legale che supporti le stablecoin ancorate al won coreano. Questo contrasto evidenzia quanto sia unica la posizione della Cina continentale, che mantiene storicamente un atteggiamento regolamentare cauto verso le criptovalute.
La risposta ufficiale del governo cinese a queste iniziative rimane ancora da vedere, ma il crescente interesse delle aziende tecnologiche nazionali e la necessità di competere a livello internazionale potrebbero influenzare le future decisioni politiche in materia di asset digitali.