Il mondo delle criptovalute torna al centro delle polemiche con il caso Movement Labs, startup che si trova ora nella bufera per presunti accordi segreti con i primi sostenitori del progetto. La controversia ha scatenato un'ondata di sfiducia tra gli investitori, portando a un crollo del 10,45% del valore del token MOVE nelle ultime 24 ore. La vicenda solleva interrogativi significativi sulla trasparenza del settore crypto, in un momento in cui la ricerca di legittimazione istituzionale sembrava avanzare a passi importanti.
Accordi nell'ombra: cosa nasconde Movement Labs?
Secondo documenti recentemente venuti alla luce, Movement Labs avrebbe segretamente promesso ad alcuni insider l'accesso privilegiato fino al 10% della fornitura totale dei token MOVE. Un'operazione che ricorda le più opache pratiche finanziarie del passato, con l'aggravante di svolgersi in un settore già sotto la lente d'ingrandimento dei regolatori internazionali. La società, finanziata da World Liberty Financial (WLFI), gruppo vicino all'ex presidente Trump, non avrebbe mai comunicato questi accordi agli investitori regolari.
Le rivelazioni non si fermano qui. Emerge che l'azienda avrebbe destinato consistenti pacchetti di token a due consulenti durante le prime fasi di raccolta fondi nel 2023, tra cui spicca il CEO di Zebec, alimentando ulteriori dubbi sulla gestione interna del progetto e sulla distribuzione effettiva dei token.
Il caso Thapaliya e i 38 milioni di dollari volatilizzati
Particolarmente inquietante è quanto emerso dalle indagini del giornalista Sam Kessler riguardo a Thapaliya, consulente di Movement Labs. Secondo i documenti analizzati, Thapaliya avrebbe dovuto percepire compensi per circa 2 milioni di dollari annui, mentre un ulteriore 5% della fornitura totale dei token era stato apparentemente riservato per attività di marketing e supporto alla liquidità del mercato.
La situazione è precipitata quando, dopo il lancio, Thapaliya avrebbe trasferito i token a Web3Port, società cinese che, secondo i dati di Etherscan, avrebbe successivamente venduto token per un valore superiore a 38 milioni di dollari. Un'operazione che solleva interrogativi non solo sulla governance di Movement Labs, ma anche sui meccanismi di controllo e vigilanza nell'intero ecosistema.
Coinbase sospende le negoziazioni e la fiducia crolla
Il contraccolpo sui mercati non si è fatto attendere. Il token MOVE, già in difficoltà nelle settimane precedenti, ha subito un'ulteriore flessione arrivando a quotare appena 0,195 dollari. La situazione si è aggravata quando Coinbase, uno dei più importanti exchange del settore, ha deciso di sospendere le negoziazioni del token, citando preoccupazioni relative a possibili manipolazioni di mercato e all'integrità delle contrattazioni.
Nel panorama italiano delle criptovalute, dove la diffidenza è già elevata a causa di numerosi casi di progetti rivelatisi problematici, la vicenda Movement Labs rischia di rafforzare lo scetticismo di risparmiatori e istituzioni. Come nel caso Bitgrail, che nel 2018 colpì duramente migliaia di investitori italiani, anche qui emergono ombre sulla gestione poco trasparente dei fondi raccolti.
Un sistema di privilegi occulti
Le indagini hanno rivelato ulteriori dettagli inquietanti: oltre agli accordi già menzionati, Thapaliya avrebbe ottenuto un ulteriore 2,5% dei token MOVE totali. Un sistema di allocazioni privilegiate che sembra essersi esteso anche ad altri consulenti come Vinit Parekh, che avrebbe ricevuto il 2,5% dei token per ogni milione di dollari raccolto da Movement Labs.
Questo intricato sistema di remunerazioni parallele solleva interrogativi sulla reale distribuzione dei token e sulla quota effettivamente disponibile per gli investitori ordinari. Nel mercato italiano delle criptovalute, dove la Consob monitora con attenzione i rischi di asimmetrie informative, un caso del genere rappresenterebbe materia di indagine approfondita.
Il futuro incerto di Movement Labs
Mentre gli investitori attendono con apprensione ulteriori sviluppi, il futuro di Movement Labs appare quanto mai incerto. L'azienda, che non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali esaustive in merito alle accuse, si trova ora a dover affrontare una crisi di credibilità che potrebbe rivelarsi fatale in un settore dove la fiducia è la valuta più preziosa.
Se in contesti più maturi come quello statunitense simili vicende potrebbero portare a class action da parte degli investitori danneggiati, il quadro normativo italiano, pur in evoluzione, offre ancora tutele limitate per chi investe in asset digitali. Come nel recente caso della tassazione delle plusvalenze crypto, inserita nell'ultima legge di bilancio, anche qui la regolamentazione sembra inseguire fenomeni già ampiamente diffusi piuttosto che prevenirne i rischi.
Nel frattempo, gli osservatori del mercato si interrogano su quali potrebbero essere le implicazioni regolatorie di questo caso, in un momento in cui le autorità di vigilanza globali stanno intensificando gli sforzi per portare l'intero ecosistema crypto sotto un quadro normativo più stringente e trasparente.