Il settore delle corporate treasury Bitcoin rischia un terremoto da miliardi di dollari. La potenziale esclusione delle società che detengono criptovalute nei bilanci dagli indici tradizionali MSCI potrebbe innescare vendite forzate per un valore compreso tra 10 e 15 miliardi di dollari, secondo le proiezioni del gruppo di advocacy BitcoinForCorporations. Una mossa che arriverebbe nel momento meno opportuno, proprio mentre l'adozione istituzionale di Bitcoin (BTC) sembrava aver finalmente conquistato Wall Street dopo anni di battaglie normative e culturali.
La controversia ruota attorno a una proposta avanzata il 10 ottobre scorso da MSCI, l'ex Morgan Stanley Capital International che gestisce alcuni degli indici azionari più influenti al mondo. L'istituto sta considerando di escludere dalle proprie metriche tutte le società pubbliche che mantengono oltre il 50% degli asset di bilancio in valute digitali, compreso il prestigioso MSCI USA Index che traccia l'85% della capitalizzazione del mercato azionario statunitense.
Al centro della tempesta c'è ovviamente Strategy (ex MicroStrategy, ticker MSTR), la società guidata da Michael Saylor che ha trasformato il proprio modello di business in una vera e propria cassaforte Bitcoin. La company rappresenta da sola il 74,5% della capitalizzazione complessiva ponderata per il flottante delle 39 aziende crypto-esposte identificate dal gruppo di pressione. Un'eventuale esclusione dagli indici costringerebbe i fondi indicizzati e gli ETF passivi a dismettere le posizioni, con effetti a cascata potenzialmente devastanti.
L'analisi di BitcoinForCorporations ha mappato l'ecosistema completo delle società a rischio: oltre a Strategy, figurano nomi noti nel settore mining come Riot Platforms (RIOT) e Marathon Holdings (MARA), insieme a realtà minori come Sharplink Gaming (SBET). Il totale? Una capitalizzazione aggregata di 113 miliardi di dollari che potrebbe trovarsi improvvisamente fuori dai radar istituzionali.
Il gruppo di advocacy denuncia quello che definisce un approccio discriminatorio da parte di MSCI. La critica è diretta: perché escludere le aziende che detengono Bitcoin mentre nessuna regola simile si applica a società con bilanci pieni di oro, obbligazioni o altri asset finanziari? BitcoinForCorporations sottolinea che queste non sono veicoli d'investimento passivi ma operating companies a tutti gli effetti, con modelli di business diversificati che includono la gestione strategica di riserve in criptovalute.
La proposta alternativa avanzata dal gruppo punta su una maggiore trasparenza piuttosto che sull'esclusione: obbligare le società a fornire disclosure più dettagliate sulla composizione degli asset digitali, sulla loro custodia e sulle strategie di gestione del rischio. Un approccio che permetterebbe al mercato di valutare autonomamente l'esposizione senza espellere categoricamente un intero segmento emergente dell'economia digitale.
Michael Saylor ha già manifestato pubblicamente la propria opposizione alla mossa di MSCI, arrivando perfino a inviare una lettera di protesta formale all'istituto. La tempistica della consultazione è particolarmente delicata: la decisione definitiva dovrebbe arrivare con la revisione degli indici di febbraio 2026, lasciando pochi mesi per eventualmente modificare le strategie di bilancio o fare lobbying istituzionale.
Il paradosso è evidente agli osservatori del settore crypto: proprio mentre Bitcoin viene sempre più accettato come asset di riserva legittimo – con ETF spot approvati dalla SEC, adozione da parte di stati americani e discussioni a livello di riserva strategica nazionale – gli indici tradizionali potrebbero escludere le società più innovative nell'adozione corporate. Una disconnessione che alcuni analisti interpretano come l'ennesimo segnale della difficoltà dei mercati tradizionali nel classificare e gestire la rivoluzione blockchain.
Le implicazioni per il prezzo di Bitcoin restano incerte. Una vendita forzata da 10-15 miliardi di dollari rappresenterebbe una pressione significativa sul mercato, anche se distribuita nel tempo attraverso meccanismi di ribilanciamento graduale dei fondi indicizzati. D'altra parte, il settore crypto ha dimostrato resilienza di fronte a shock di liquidità ben più ampi, dal crollo di FTX alle vendite governative di asset confiscati. La consultazione MSCI rimane comunque un test cruciale per la maturità dell'infrastruttura istituzionale attorno alle criptovalute.