Il panorama degli indici azionari tradizionali si trova sempre più a fare i conti con l'invasione delle crypto company, e la vicenda di Strategy (MSTR) rappresenta un banco di prova cruciale per il futuro di queste realtà ibride. L'azienda guidata da Michael Saylor ha mantenuto la propria posizione nel prestigioso Nasdaq 100 durante il ribilanciamento annuale concluso il 22 dicembre, resistendo alle pressioni che vorrebbero escludere le treasury company crypto dagli indici tradizionali. La questione va oltre il singolo caso: si tratta di definire se un'azienda che detiene 660.624 BTC per un controvalore di quasi 60 miliardi di dollari possa ancora essere classificata come tech company o debba essere relegata nel limbo delle holding finanziarie.
La strategia di accumulo di Bitcoin (BTC) portata avanti da Strategy dal 2020 rappresenta uno dei casi più estremi di pivot aziendale nella storia recente dei mercati. Quella che era nata come MicroStrategy, fornitore di software per business intelligence, si è trasformata in quello che molti analisti considerano de facto un veicolo d'investimento in bitcoin sotto mentite spoglie. Il modello ha fatto scuola, ispirando altre aziende più piccole a replicare l'approccio treasury crypto, ma ha anche sollevato interrogativi fondamentali sulla natura stessa di queste entità e sulla loro collocazione negli indici azionari.
Il nodo della questione è diventato particolarmente critico con l'annuncio di MSCI, uno dei principali fornitori di indici a livello globale, che ha manifestato preoccupazioni specifiche sulle crypto treasury company come Strategy. L'attesa decisione di gennaio potrebbe ridefinire completamente lo status di queste aziende: MSCI sta infatti valutando se escludere dai propri benchmark le società il cui core business è essenzialmente l'accumulo di criptovalute. Per il mercato europeo, dove la regolamentazione MiCA sta già ridefinendo i confini dell'industria crypto, questa classificazione assume rilevanza ancora maggiore.
La risposta di Strategy alla proposta di MSCI non si è fatta attendere. L'azienda ha argomentato con forza che si tratta di operating business a tutti gli effetti e non di fondi d'investimento, rivendicando la legittimità della presenza nelle classifiche tech grazie alle operazioni di business intelligence che continuano a gestire. Tuttavia, la realtà dei numeri racconta una storia diversa: la performance del titolo MSTR è ormai strettamente correlata alle oscillazioni del prezzo di Bitcoin, comportandosi più come un ETF a leva sul BTC che come un'azione tecnologica tradizionale.
Il ribilanciamento del Nasdaq 100 ha visto l'uscita di sei società, tra cui nomi noti come Biogen, Lululemon e Trade Desk, sostituite da Alnylam Pharmaceuticals, Ferrovial e Seagate Technology. La permanenza di Strategy assume quindi un significato particolare: mentre aziende consolidate vengono escluse, la crypto treasury company mantiene il proprio posto, segnalando che almeno per ora il Nasdaq non considera problematica questa classificazione. Le modifiche sono entrate in vigore il 22 dicembre, confermando lo status quo per MSTR.
La questione solleva interrogativi più ampi sul futuro dell'integrazione tra mercati tradizionali e asset crypto. Se da un lato l'inclusione di Strategy negli indici mainstream rappresenta una forma di legittimazione per il settore delle criptovalute, dall'altro crea potenziali distorsioni: gli investitori che acquistano ETF sul Nasdaq 100 si trovano indirettamente esposti al rischio bitcoin attraverso MSTR, spesso senza piena consapevolezza. Per il mercato italiano ed europeo, dove la sensibilità verso la protezione degli investitori retail è tradizionalmente più elevata, questo rappresenta un precedente significativo.
La decisione di MSCI attesa per gennaio 2025 potrebbe fare da spartiacque. Un'eventuale esclusione delle crypto treasury company dai principali indici globali costringerebbe gli ETF passivi a liquidare le posizioni in Strategy, con impatti potenzialmente significativi sia sul titolo MSTR che, per estensione, sul prezzo di Bitcoin stesso. Al contrario, una conferma dello status attuale rafforzerebbe il modello Saylor e potrebbe incentivare altre aziende a seguire strategie simili, trasformando progressivamente una porzione del mercato azionario tradizionale in proxy del mercato crypto. Il caso Strategy rappresenta quindi molto più di una questione di classificazione contabile: è un test cruciale per capire come istituzioni e regolatori gestiranno la crescente ibridazione tra finanza tradizionale e asset digitali.