Il controverso ruolo di David Sacks nella definizione delle politiche sull'intelligenza artificiale e le criptovalute negli Stati Uniti sta scatenando un acceso dibattito sull'intreccio tra interessi privati e responsabilità pubbliche nel settore tech. Mentre gli attivisti per la trasparenza denunciano evidenti conflitti di interesse, i pesi massimi della Silicon Valley difendono a spada tratta il "crypto e AI czar" dell'amministrazione Trump, rivendicando la necessità di competenze concrete nella formulazione delle normative. Al centro della polemica c'è un dato sconcertante: nonostante abbia dismesso 200 milioni di dollari in asset crypto e si sia ritirato da Meta, Amazon e xAI, Sacks mantiene partecipazioni in 449 società attive nel campo dell'intelligenza artificiale, secondo un'inchiesta del New York Times pubblicata questa settimana.
L'impatto più diretto sul mondo crypto emerge chiaramente dall'esempio di BitGo, società specializzata in stablecoin in cui il fondo di Sacks, Craft Ventures, detiene una quota significativa. Nel suo ruolo istituzionale, Sacks ha sostenuto attivamente il GENIUS Act, un provvedimento legislativo che ha fornito maggiore chiarezza normativa e regolamentazione alle società che emettono stablecoin. BitGo ha accolto la legge definendola un "momento decisivo" per la legislazione sulle stablecoin, e subito dopo l'approvazione ha presentato domanda per un'IPO. La partecipazione di Craft nella società, pari al 7,8%, era valutata oltre 130 milioni di dollari già nel 2023, con prospettive di significativa rivalutazione post-quotazione.
Il caso BitGo rappresenta un perfetto esempio di come le decisioni politiche nel settore crypto possano tradursi in vantaggi economici diretti per chi le promuove. Le stablecoin, token agganciati a valute fiat come il dollaro, costituiscono l'infrastruttura fondamentale dell'economia DeFi e rappresentano uno dei segmenti più strategici per l'integrazione tra finanza tradizionale e blockchain. Una regolamentazione chiara e favorevole può determinare la differenza tra il successo e il fallimento di intere piattaforme, influenzando miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato.
L'inchiesta del Times evidenzia alcune incongruenze sospette nelle dichiarazioni etiche di Sacks. Non ha classificato Palantir come società AI, nonostante il sito web dell'azienda vanti esplicitamente capacità di intelligenza artificiale, e ha omesso 41 società che includono esplicitamente "AI" nel loro nome, come Resemble.AI. Per la comunità crypto, abituata a richiedere trasparenza e verificabilità on-chain, queste omissioni suonano particolarmente stridenti con i principi di accountability che il settore rivendica.
La risposta della Silicon Valley è stata compatta e diretta: "Dovremmo ricordare che l'America vince il secolo elevando i costruttori, non abbattendoli", ha twittato Marc Benioff, CEO di Salesforce. Sam Altman di OpenAI ha rincarato la dose: "David Sacks comprende davvero l'AI e si preoccupa che gli Stati Uniti guidino l'innovazione. Sono grato che lo abbiamo". L'argomento sottostante è chiaro: meglio qualcuno con conflitti di interesse ma competente, piuttosto che burocrati senza esperienza sul campo.
L'influenza di Sacks sulle policy governative va ben oltre le crypto. Secondo il report, ha spinto la Casa Bianca a rimuovere restrizioni su Nvidia, permettendo al gigante dei chip di espandere l'offerta all'estero. Trump ha accettato, e a maggio Sacks è volato in Medio Oriente per negoziare un accordo che ha portato alla vendita di 500.000 chip AI americani agli Emirati Arabi Uniti. Queste mosse hanno implicazioni dirette per il mining di criptovalute e per l'infrastruttura computazionale necessaria all'AI generativa.
Dal punto di vista normativo europeo, la situazione solleva interrogativi rilevanti per chi opera nel mercato crypto italiano. Mentre negli USA il modello "revolving door" tra settore privato e pubblico è consolidato, in Europa il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets) stabilisce requisiti di trasparenza più stringenti. La Consob e l'ESMA hanno ripetutamente sottolineato l'importanza dell'indipendenza dei regolatori dalle pressioni delle lobby crypto, rendendo il caso Sacks un esempio di approccio incompatibile con gli standard europei.
Gli attivisti non hanno dubbi sulla natura problematica della situazione. "Queste rivelazioni spiegano molto sul perché le politiche AI dell'amministrazione Trump sembrano un succoso regalo governativo ai miliardari tech: perché sono state scritte da uno di loro", ha dichiarato Lisa Gilbert, copresidente di Public Citizen. Per gli investitori crypto, la questione va oltre l'etica: politiche formulate da insider possono favorire protocolli specifici o categorie di asset a scapito di altri, distorcendo la competizione di mercato.
Sacks si difende sostenendo di aver rispettato tutti i requisiti etici governativi e ha pubblicato una lettera del suo avvocato che accusa il Times di pregiudizio: "Mostra al Times un magnate tech di destra diventato servitore pubblico, e il Times ti troverà il conflitto di interesse". Ha anche condiviso uno studio del 2022 che dimostra come molti funzionari dell'amministrazione Biden che formulavano politiche economiche avessero meno di tre anni di esperienza nel settore privato, suggerendo che l'alternativa a insider come lui siano burocrati senza competenze reali.
Il dibattito rimane aperto e la sua risoluzione influenzerà profondamente l'evoluzione del settore crypto negli Stati Uniti. Se il modello Sacks prevalesse, potremmo assistere a un'accelerazione normativa favorevole all'industria ma con rischi di cattura regolamentare. Se invece le pressioni per maggiore trasparenza avessero successo, potrebbero emergere framework più equilibrati ma potenzialmente meno innovativi. Per gli operatori crypto italiani ed europei, osservare questa dinamica offre spunti preziosi su come l'assetto normativo globale potrebbe evolversi nei prossimi anni, con implicazioni dirette per strategie di investimento e compliance.