Il mondo crypto si è svegliato il 20 ottobre con un'amara conferenza della realtà: l'ennesimo blackout di Amazon Web Services (AWS) ha messo in ginocchio alcuni dei progetti più celebrati del settore, riaccendendo il dibattito sulla vera natura della decentralizzazione. Mentre exchange di primo piano, soluzioni layer-2 e provider infrastrutturali andavano offline, la comunità crypto ha dovuto fare i conti con una verità scomoda: troppi servizi che si dichiarano decentralizzati dipendono ancora da infrastrutture centralizzate. L'episodio ha sollevato interrogativi fondamentali sull'architettura del Web3 e sulla resilienza effettiva di protocolli che promettono di eliminare i single point of failure.
L'interruzione di AWS ha colpito duramente Coinbase, con la sua piattaforma di trading e la rete layer-2 Base finite completamente offline. Anche Robinhood e Infura di ConsenSys hanno subito disservizi significativi durante l'outage. La situazione ha fatto emergere una dipendenza sistemica dalle infrastrutture cloud che contraddice i principi fondamentali su cui il settore dichiara di basarsi.
Infura, provider cruciale che offre API JSON-RPC e WebSocket utilizzate da wallet e applicazioni per connettersi alle blockchain, ha confermato che l'interruzione ha colpito gli endpoint di Ethereum Mainnet, Polygon, Optimism, Arbitrum, Linea, Base e Scroll. Anche se i layer di consenso distribuiti di queste reti hanno continuato a funzionare correttamente, i gateway attraverso cui la maggior parte degli utenti interagisce con le blockchain sono andati offline, amplificando drasticamente l'impatto del problema.
La reazione sui social è stata immediata e critica. Ben Schiller, Head of Communications di Miden ed ex editor di CoinDesk, ha dichiarato su X: "Se la tua blockchain è offline a causa dell'outage di AWS, non sei sufficientemente decentralizzato". Maggie Love, creatrice di SheFi, ha rincarato la dose sottolineando che se non possiamo connetterci a Ethereum mainnet quando AWS va giù, non siamo decentralizzati.
Per i network layer-2 l'incidente ha esposto una contraddizione strutturale. Pur essendo progettati per offrire transazioni più rapide e commissioni ridotte attraverso l'elaborazione off-chain, molti di questi protocolli mantengono una dipendenza critica da provider centralizzati per le operazioni fondamentali. Jay Jog, co-founder di Sei Labs, ha colto l'occasione per evidenziare i vantaggi delle layer-1 EVM: "Base che va offline quando AWS va offline è letteralmente l'intero argomento a favore delle L1 EVM come Sei. La vera decentralizzazione riguarda la resilienza".
Chris Jenkins, responsabile delle operazioni infrastrutturali presso Pocket Network, ha inquadrato il problema in termini più ampi: "L'outage di AWS ci ricorda ancora una volta che la blockchain, e in realtà l'intero internet, è decentralizzata solo quanto l'infrastruttura su cui gira". I motori di trading, le piattaforme di custodia e i relay che connettono gli utenti alle blockchain funzionano tipicamente su una manciata di grandi provider cloud, creando inevitabilmente single point of failure.
Va sottolineato che le principali blockchain layer-1 come Bitcoin (BTC), Ethereum (ETH) e Solana (SOL) hanno continuato a produrre blocchi e processare transazioni durante l'interruzione, grazie ai loro set di validatori distribuiti globalmente e agli operatori di nodi indipendenti non vincolati a un singolo provider. Questa differenza evidenzia il trade-off fondamentale che alcuni progetti hanno accettato: sacrificare punti di decentralizzazione per ottenere throughput più elevato e fee di transazione inferiori attraverso la via layer-2.
Non si tratta di un caso isolato. Ad aprile 2025, AWS aveva già causato un'interruzione diffusa che aveva mandato offline diversi exchange crypto e provider infrastrutturali. L'episodio aveva generato avvertimenti simili sulla dipendenza eccessiva da fornitori centralizzati, ma sei mesi dopo questo nuovo blackout ha dimostrato che poco o nulla è cambiato nell'architettura di base del settore.
Per il mercato europeo e italiano, l'episodio assume una rilevanza particolare nel contesto dell'imminente implementazione completa del regolamento MiCA, che pone enfasi proprio sulla resilienza operativa e la gestione del rischio tecnologico. I provider di servizi crypto che operano nell'UE dovranno dimostrare capacità di continuità operativa che l'attuale dipendenza da infrastrutture centralizzate rende difficile garantire.
Jenkins di Pocket Network ha concluso con un'osservazione che va al cuore del problema: "Internet è stato progettato con l'idea che milioni di persone avrebbero gestito le proprie connessioni, condividendo dati in quel modo. Ma con i principali servizi centralizzati diventati la scelta de facto per l'infrastruttura, ogni nuova app costruita con lo stesso approccio non fa che peggiorare il problema". Mentre l'industria valuta le conseguenze, la spinta verso la decentralizzazione dell'infrastruttura backend acquisisce nuova urgenza, ma resta da vedere se questa volta i progetti crypto tradurranno gli avvertimenti in azioni concrete.