Il settore minerario di Bitcoin (BTC) sta attraversando una fase di turbolenza significativa, con dati che evidenziano il più drastico calo dell'hashrate degli ultimi otto mesi. La situazione si fa particolarmente critica in Cina, dove secondo Jack Kong, ex presidente di Canaan - uno dei maggiori produttori di hardware per mining - circa 400.000 macchine ASIC sarebbero state recentemente disconnesse dalla rete. Questo massiccio spegnimento rappresenta un evento di portata considerevole per l'ecosistema Bitcoin, arrivando in un momento in cui i miner globali stanno già fronteggiando margini di profitto ridotti ai minimi degli ultimi cinque anni.
Matthew Sigel, responsabile della ricerca sugli asset digitali presso VanEck, ha confermato che la media mobile semplice a 30 giorni dell'hashrate di Bitcoin ha registrato il declino più ripido dal halving di aprile 2024. I dati di Glassnode mostrano che la potenza computazionale totale è scesa da circa 1,1 zettahash al secondo a poco più di 1 ZH/s, una contrazione che coincide con pressioni strutturali sui ricavi dei miner.
Kong ha fornito dettagli tecnici preoccupanti: la potenza di calcolo sarebbe crollata di circa 100 exahash al secondo (EH/s) in un solo giorno, equivalente a un calo dell'8%. Considerando una media di 250 terahash per macchina, la cifra di 400.000 unità spente appare coerente con le rilevazioni. Particolarmente significativo è il riferimento alle farm minerarie nello Xinjiang, che secondo Kong starebbero chiudendo "una dopo l'altra", suggerendo che gli Stati Uniti potrebbero trarre vantaggio competitivo senza necessità di interventi diretti.
Questa crisi arriva paradossalmente solo un mese dopo che la Cina era riemersa come terzo maggiore hub di mining Bitcoin al mondo, controllando circa il 14% dell'hashrate globale. Il ritorno della nazione asiatica nel settore minerario, dopo i divieti del 2021, era stato visto come un segno di resilienza dell'industria crypto cinese, ma ora solleva interrogativi sulla sostenibilità economica delle operazioni in quella regione.
La situazione economica per i miner rimane critica su scala globale. L'hash price - la metrica che misura i ricavi giornalieri per unità di potenza computazionale - continua a oscillare vicino ai minimi quinquennali, comprimendo drasticamente i margini operativi. Questa pressione è amplificata dal fatto che la difficoltà di mining di Bitcoin si trova attualmente a 148,2 trilioni (T), appena sotto il massimo storico, rendendo più oneroso computazionalmente estrarre nuovi blocchi.
Una nota positiva arriva dalle proiezioni sulla difficoltà: gli algoritmi di aggiustamento della rete Bitcoin prevedono un calo di circa il 3% nel prossimo ricalcolo, che offrirebbe un sollievo temporaneo ai miner sopravvissuti. Questo meccanismo di auto-regolazione è progettato per mantenere stabile il tempo di produzione dei blocchi anche quando l'hashrate diminuisce, redistribuendo di fatto le ricompense tra un numero ridotto di partecipanti.
La dinamica attuale del mining Bitcoin evidenzia la natura ciclica e competitiva del settore. Con i prezzi di BTC che faticano a mantenere slancio rialzista e i costi operativi - energia elettrica in primis - che restano elevati, solo le operazioni più efficienti e capitalizzate riescono a rimanere profittevoli. Il consolidamento in corso potrebbe accelerare la migrazione dell'hashrate verso giurisdizioni più stabili dal punto di vista normativo ed energetico, con gli Stati Uniti ben posizionati per assorbire quote di mercato.
Il mercato crypto più ampio riflette questo sentiment cauto: secondo dati recenti, 75 delle prime 100 criptovalute per capitalizzazione stanno scambiando al di sotto delle loro medie mobili a 50 e 200 giorni, un segnale tecnico tradizionalmente interpretato come bearish. Bitcoin, Ethereum (ETH) e Solana (SOL) mostrano tutti performance sotto queste soglie chiave, con solo otto asset tra i top 100 considerati in zona di ipervenduto, lasciando spazio a potenziali ulteriori correzioni.