Il patrimonio virtuale associato a Satoshi Nakamoto, il misterioso creatore di Bitcoin, ha subito un'evaporazione di oltre 20 miliardi di dollari nel corso di questo mese. La contrazione segue una fase di massimi storici che ha preceduto un crollo improvviso dei mercati cripto, travolgendo investitori e fondi d'investimento in una spirale discendente particolarmente violenta. Si tratta di una perdita puramente contabile, dato che le criptovalute attribuite al fondatore anonimo non hanno mai lasciato i wallet originari, ma la cifra resta impressionante e testimonia l'estrema volatilità che caratterizza anche le posizioni più grandi.
Le analisi condotte tramite monitoraggio on-chain e le stime collegate alla piattaforma Arkham indicano che gli indirizzi riconducibili a Nakamoto custodiscono circa 1,096 milioni di BTC. Quando Bitcoin ha sfiorato quota 126.000 dollari agli inizi di ottobre, questo tesoro digitale aveva raggiunto una valutazione superiore ai 136 miliardi di dollari. Il calcolo è relativamente semplice: oscillazioni di poche migliaia di dollari per singola moneta si traducono in decine di miliardi quando moltiplicate per oltre un milione di bitcoin, creando variazioni patrimoniali che farebbero impallidire molti miliardari tradizionali.
La tempesta perfetta che ha scatenato il sell-off presenta molteplici fattori scatenanti secondo gli analisti di mercato e le testate economiche internazionali. L'annuncio di nuovi dazi da parte del presidente statunitense Donald Trump e le conseguenti tensioni commerciali hanno fatto tremare i mercati del rischio. In contemporanea, alcuni exchange hanno registrato anomalie nei prezzi e una liquidità particolarmente ridotta che ha amplificato la pressione di vendita, innescando un effetto domino devastante.
L'effetto cascata ha costretto alla liquidazione automatica di enormi posizioni a margine, che secondo le società di analisi hanno raggiunto complessivamente i 19 miliardi di dollari in un arco temporale ristretto. La quotazione di Bitcoin è precipitata brevemente sotto i 104.000 dollari durante la fase più acuta del venerdì nero, prima che nei giorni successivi si registrassero parziali recuperi. Questo movimento brusco ha cancellato i guadagni accumulati nei mesi precedenti e ha stravolto le classifiche dei più ricchi per patrimonio virtuale.
I desk di trading hanno evidenziato come l'evento abbia messo a nudo fragilità strutturali nel sistema. Gli ordini che in condizioni normali sarebbero stati assorbiti senza problemi hanno invece interagito tra loro in mercati illiquidi, provocando gap di prezzo significativi tra diverse piattaforme di scambio. Molti trader che avevano utilizzato capitale preso a prestito per amplificare le proprie scommesse sono stati costretti a uscire dalle posizioni, accelerando ulteriormente la discesa e rendendola più ripida.
Gli esperti sottolineano che la perdita di Nakamoto rimane essenzialmente un dato teorico, una cifra che misura variazioni di valore su carta senza che vi sia stato alcun movimento reale di fondi da parte del fondatore. Tuttavia, l'episodio conserva una rilevanza particolare perché ha rimosso uno strato di eccesso speculativo accumulato nel sistema e ha testato la tenuta dei supporti principali mentre i flussi di capitale si stabilizzano. Per il pubblico italiano, abituato a mercati finanziari tradizionali più regolamentati, questa volatilità estrema rappresenta un promemoria dei rischi insiti negli asset digitali.
La vicenda riaccende inoltre il dibattito sulla concentrazione di ricchezza nel mondo delle criptovalute. La posizione di Nakamoto, rimasta intatta sin dai primi giorni di Bitcoin, rappresenta una delle maggiori concentrazioni individuali di criptovaluta esistenti. Sebbene inattiva, questa riserva continua a esercitare un'influenza psicologica sui mercati, con gli investitori che si interrogano costantemente sulla possibilità che possa un giorno essere movimentata, evento che avrebbe conseguenze monumentali sulle quotazioni.