Il mondo della finanza istituzionale sta mostrando un crescente interesse per le criptovalute, con un fenomeno che non è passato inosservato agli analisti di mercato. Diversi gestori di hedge fund miliardari hanno incrementato significativamente le loro posizioni in strumenti legati al Bitcoin durante lo scorso trimestre, segnalando un cambio di rotta rispetto allo scetticismo che tradizionalmente caratterizzava questo segmento. L'iShares Bitcoin Trust, il fondo quotato emesso da BlackRock che replica il prezzo spot della criptovaluta più famosa al mondo, è diventato il veicolo preferito per questa esposizione al mercato crypto.
Le cifre parlano chiaro e rivelano investimenti tutt'altro che simbolici. Israel Englander, alla guida di Millennium Management, ha aggiunto ben 3,8 milioni di azioni del fondo, portandolo tra le sue prime 15 posizioni. Steven Schonfeld di Schonfeld Strategic Advisors ha acquistato 247.500 azioni, facendo dell'ETF la sua terza partecipazione più importante. Tom Steyer di Farallon Capital Management ha investito in 1,2 milioni di azioni, mentre Philippe Laffont di Coatue Management, pur con una posizione più contenuta di 56.500 azioni, ha comunque voluto entrare nel mercato per la prima volta.
Il track record di questi gestori non lascia spazio a dubbi sulla loro competenza. Englander e Steyer figurano tra i dieci manager di hedge fund più profittevoli della storia, mentre Englander, Laffont e Schonfeld hanno superato l'indice S&P 500 di almeno 15 punti percentuali negli ultimi tre anni. Quando professionisti di questo calibro decidono di allocare capitali significativi in un asset, i mercati tendono a prestare attenzione.
Ma cosa spinge questi investitori sofisticati verso il Bitcoin? La risposta risiede in una combinazione di fattori che stanno trasformando il panorama regolatorio e l'accessibilità delle criptovalute. L'amministrazione Trump ha adottato una posizione decisamente favorevole verso l'industria crypto, con il presidente che ha promesso di fare degli Stati Uniti "la capitale mondiale delle criptovalute". La nomina di Paul Atkins, noto sostenitore delle criptovalute, alla guida della SEC rappresenta un cambio di paradigma significativo.
Gli ETF spot su Bitcoin hanno rivoluzionato il modo in cui gli investitori possono accedere a questo mercato. A differenza degli exchange di criptovalute, che richiedono la gestione di portafogli digitali separati e applicano commissioni spesso proibitive, questi fondi eliminano gli ostacoli tecnici e burocratici. L'iShares Bitcoin Trust ha registrato il lancio di maggior successo nella storia degli ETF per volumi di denaro raccolti nel primo anno, posizionandosi oggi tra i 20 ETF più grandi per patrimonio gestito.
L'adozione istituzionale sta accelerando a ritmi sorprendenti. Secondo Matt Hougan, Chief Investment Officer di Bitwise, gli investitori istituzionali hanno abbracciato gli ETF spot su Bitcoin più velocemente di qualsiasi altro ETF nella storia. I documenti Form 13F dimostrano che il numero di grandi gestori patrimoniali con posizioni nell'iShares Bitcoin Trust è più che raddoppiato nel secondo trimestre, mentre il capitale investito è quintuplicato.
Le previsioni degli esperti di Wall Street dipingono scenari che potrebbero sembrare irrealistici a prima vista. David Puell di Ark Invest stima che Bitcoin raggiungerà i 710.000 dollari entro il 2030, un incremento del 560% rispetto al prezzo attuale di circa 107.000 dollari. Gautam Chhugani di AllianceBernstein prevede un milione di dollari entro il 2033, mentre Tom Lee di Fundstrat Global Advisors si spinge fino a 3 milioni nel lungo termine. La proiezione più audace arriva da Michael Saylor, executive chairman di Strategy, che prevede Bitcoin come asset da 200.000 miliardi di dollari entro il 2045.
La tesi d'investimento si basa su dinamiche di domanda e offerta particolarmente favorevoli. L'offerta di Bitcoin è limitata a 21 milioni di unità, una caratteristica che lo differenzia radicalmente dalle valute tradizionali. Questo limite intrinseco lo rende teoricamente un'efficace protezione contro l'inflazione, simile all'oro digitale. Durante il periodo di inflazione record che ha raggiunto il picco nel giugno 2022, il prezzo del Bitcoin è effettivamente raddoppiato nell'arco di due anni.
Il contesto economico attuale potrebbe amplificare questa dinamica. Gli economisti prevedono che le tariffe doganali imposte dall'amministrazione Trump spingeranno l'inflazione verso l'alto, creando condizioni favorevoli per asset con offerta fissa. Il fatto che gli investitori istituzionali gestissero circa 130.000 miliardi di dollari l'anno scorso rende chiaro il potenziale: anche una piccola percentuale di questi capitali diretta verso Bitcoin potrebbe far salire vertiginosamente i prezzi.
Tuttavia, la prudenza rimane d'obbligo. Bitcoin ha storicamente dimostrato una volatilità estrema, con crolli del 20% o superiori rispetto ai massimi storici verificatisi almeno tre volte negli ultimi tre anni. A differenza dell'oro, che tende ad apprezzarsi nei periodi di incertezza economica fungendo da bene rifugio, Bitcoin reagisce in modo opposto. Lo dimostra il recente calo del 15% dai massimi di ottobre, causato dalle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, mentre l'oro ha continuato a infrangere record su record.
Nell'ultimo anno Bitcoin ha comunque guadagnato il 59%, superando l'oro di 2 punti percentuali e battendo l'S&P 500 di ben 42 punti al 18 ottobre. Ma gli investitori devono essere consapevoli che oscillazioni di prezzo ampie e frequenti sono praticamente garantite nel futuro. Chi non è a proprio agio con questa volatilità dovrebbe evitare sia la criptovaluta diretta che gli ETF che ne replicano il prezzo, indipendentemente dalle prospettive di guadagno a lungo termine.