La Columbia Britannica si prepara a chiudere definitivamente le porte ai miner di criptovalute, rendendo permanente un divieto che avrebbe dovuto scadere nel dicembre 2025. La decisione della provincia canadese rappresenta un punto di svolta nella politica energetica nordamericana verso il settore crypto, privilegiando industrie tradizionali e intelligenza artificiale rispetto al mining di Bitcoin (BTC) e altri asset digitali. Questa mossa si inserisce in un trend globale che vede diverse giurisdizioni riconsiderare il rapporto costi-benefici delle operazioni di mining, soprattutto in aree dove l'energia idroelettrica rappresenta una risorsa strategica.
Il Ministero dell'Energia e delle Soluzioni Climatiche della Columbia Britannica ha annunciato che dall'autunno 2025 entreranno in vigore modifiche normative che vieteranno permanentemente nuove connessioni alla rete da parte di mining farm dedicate alle criptovalute. BC Hydro, il principale distributore elettrico della regione che gestisce principalmente centrali idroelettriche, non potrà più fornire energia a nuove operazioni di mining. La misura renderà definitiva una sospensione inizialmente temporanea avviata nel dicembre 2022.
Le autorità locali giustificano la scelta con la necessità di garantire elettricità ai settori che "producono posti di lavoro, generano entrate pubbliche e hanno maggiori opportunità di decarbonizzazione", includendo in questa categoria l'industria estrattiva tradizionale, il gas naturale, il GNL e il manifatturiero. Il mining crypto viene invece penalizzato per quello che il ministero definisce un "consumo energetico sproporzionato rispetto ai limitati benefici economici" generati.
Mentre il mining viene escluso, AI e data center riceveranno allocazioni specifiche di potenza: 300 megawatt per progetti di intelligenza artificiale e 100 MW per data center tradizionali, da assegnare tramite un processo competitivo previsto per l'inizio del 2026. Questa ripartizione evidenzia come le autorità canadesi considerino l'AI un investimento strategico più vantaggioso rispetto al Proof-of-Work, riflettendo un dibattito più ampio sul valore economico delle diverse applicazioni tecnologiche ad alta intensità energetica.
La Columbia Britannica non rappresenta un caso isolato nel panorama internazionale. Il Laos, altro importante hub di energia idroelettrica nel Sudest asiatico, ha recentemente annunciato l'intenzione di terminare tutte le operazioni di mining crypto entro il primo trimestre del 2026. Anche il governo laotiano punta a reindirizzare le proprie risorse energetiche verso settori considerati più produttivi come AI, raffinazione di metalli e veicoli elettrici, in una strategia che rispecchia quasi esattamente quella canadese.
Il contesto globale presenta però anche segnali contrastanti. In Brasile, diverse mining farm stanno negoziando contratti con fornitori locali di energia per sfruttare l'eccedenza di elettricità rinnovabile del paese sudamericano. Tether, l'emittente della stablecoin USDT che domina il mercato con oltre 140 miliardi di dollari di capitalizzazione, ha acquisito quest'anno un produttore agricolo e di energia rinnovabile in Sud America proprio per alimentare una propria struttura di mining Bitcoin utilizzando elettricità generata da biomassa.
Per i miner già operativi nella Columbia Britannica, le implicazioni dipenderanno dalla capacità di mantenere le connessioni esistenti, dato che il divieto riguarda esplicitamente nuove installazioni. Tuttavia, la direzione politica è chiara: le giurisdizioni con abbondanza di energia idroelettrica stanno rivalutando priorità e allocazioni, considerando il mining crypto un'attività meno strategica rispetto ad altri settori industriali o tecnologici emergenti come l'intelligenza artificiale.
Nel frattempo, Bitcoin continua a consolidarsi sopra i 108.000 dollari, dimostrando una resilienza di mercato che prescinde dalle restrizioni geografiche al mining. La decentralizzazione della rete rimane un punto di forza: mentre alcune regioni chiudono le porte, altre continuano ad accogliere i miner, spostando semplicemente la distribuzione geografica dell'hashrate globale senza compromettere la sicurezza complessiva della blockchain.