Il settore crypto segna un nuovo capitolo nell'integrazione con la finanza tradizionale: Citigroup, colosso bancario globale, ha annunciato una partnership strategica con Coinbase, uno degli exchange centralizzati (CEX) più rilevanti al mondo per volumi e capitalizzazione. L'accordo, rivelato attraverso un comunicato congiunto, punta a costruire infrastrutture di pagamento in asset digitali destinate inizialmente alla clientela istituzionale statunitense della banca, con l'ambizione di espandersi su scala globale nei prossimi mesi. Questa mossa rappresenta un segnale inequivocabile di come le istituzioni finanziarie tradizionali stiano accelerando l'integrazione operativa con l'ecosistema blockchain, superando la fase esplorativa per entrare in quella di implementazione concreta.
La collaborazione si concentrerà in prima battuta sulla creazione di canali diretti per depositi e prelievi in valute fiat attraverso i servizi di Coinbase, eliminando di fatto uno dei maggiori friction point per gli investitori istituzionali: la complessità nel passaggio tra denaro tradizionale e criptovalute. Questo rails di pagamento permetterà transizioni fluide e semplificate, riducendo i tempi di settlement e potenzialmente i costi operativi per i clienti corporate di Citi che desiderano esposizione agli asset digitali.
Brian Foster, responsabile globale di Crypto as a Service presso Coinbase, ha sottolineato come l'unione tra la capillarità internazionale di Citigroup e la leadership tecnologica dell'exchange consentirà di "semplificare ed espandere l'accesso ai pagamenti in asset digitali". L'integrazione mira a snellire l'intero flusso operativo, elemento cruciale per istituzioni che gestiscono volumi transazionali elevati e richiedono standard di compliance rigorosi.
Particolarmente significativo è l'annuncio che Citi valuterà soluzioni per convertire valute tradizionali direttamente in stablecoin, con dettagli tecnici che verranno divulgati nelle prossime settimane. Le stablecoin, token digitali ancorati ad asset tradizionali come il dollaro USA o titoli di stato, hanno registrato una crescita esplosiva negli ultimi due anni, diventando l'infrastruttura de facto per i trasferimenti cross-border nel mondo crypto. Il contesto normativo americano si è notevolmente chiarito dopo l'approvazione del GENIUS Act a luglio, legge federale che stabilisce regole precise per l'emissione e la gestione di stablecoin, riducendo l'incertezza regolamentare che aveva frenato molte istituzioni.
L'operazione si inserisce in un contesto di M&A particolarmente vivace nel settore crypto durante il 2025, favorito dall'atteggiamento pro-innovazione dell'amministrazione Trump. Coinbase stessa si è mostrata aggressiva sul fronte delle acquisizioni: ha speso 375 milioni di dollari per rilevare la piattaforma di investimento Echo, dopo aver chiuso all'inizio dell'anno un deal da 2,9 miliardi di dollari per Deribit, provider specializzato in opzioni su criptovalute. Queste mosse consolidano la posizione dell'exchange come player infrastrutturale, non più semplice piattaforma di trading.
Per gli operatori europei e italiani, questa partnership assume rilievo anche in prospettiva MiCA, il framework regolamentare dell'Unione Europea che richiede maggiore integrazione tra sistemi tradizionali e crypto. L'approccio di Citigroup potrebbe anticipare strategie simili da parte di istituti bancari europei, attualmente in ritardo rispetto alle controparti americane nell'offerta di servizi crypto istituzionali. La capacità di movimentare fiat e stablecoin attraverso canali bancari regolamentati potrebbe inoltre rispondere alle preoccupazioni di Consob e ESMA sulla tracciabilità dei flussi in asset digitali.
L'evoluzione attesa nei prossimi mesi riguarderà l'estensione geografica del servizio e l'integrazione con ulteriori protocolli blockchain, potenzialmente includendo soluzioni di pagamento su network layer-2 per ridurre le gas fees. Per gli investitori istituzionali, l'accesso semplificato agli asset digitali tramite un partner bancario regolamentato come Citigroup abbatte barriere operative e di compliance, elemento che potrebbe catalizzare nuovi capitali verso il settore crypto da parte di family office, fondi pensione e treasury aziendali ancora esitanti.