Il mercato del lavoro americano sta attraversando una fase particolarmente complessa che ha spinto la Federal Reserve a modificare la propria strategia monetaria dopo mesi di attesa. La banca centrale statunitense si trova infatti ad affrontare un quadro economico caratterizzato da segnali contrastanti: da un lato l'inflazione che si mantiene sopra l'obiettivo del 2%, dall'altro un mercato occupazionale che mostra crescenti segnali di debolezza. Questa situazione ha portato i vertici della Fed a optare per un taglio dei tassi di un quarto di punto percentuale, riducendo il tasso di riferimento al range 4%-4,25%.
La sfida del doppio mandato in tempi di incertezza
Jerome Powell ha definito l'attuale scenario del lavoro come caratterizzato da "pochi licenziamenti ma anche poche assunzioni", una condizione che risulta particolarmente penalizzante per i neolaureati, i giovani lavoratori e le minoranze etniche. I dati dell'agosto scorso hanno evidenziato un'aggiunta di appena 22.000 posti di lavoro, ben al di sotto delle aspettative, mentre il tasso di disoccupazione è salito al 4,3%, il livello più alto dall'ottobre 2021. La preoccupazione principale riguarda il rischio che questa stagnazione possa trasformarsi in una vera e propria ondata di licenziamenti.
Le revisioni dei dati occupazionali hanno inoltre rivelato un quadro più fosco del previsto, con 258.000 posti di lavoro in meno rispetto alle stime iniziali per i mesi precedenti. Un altro rapporto del Bureau of Labor Statistics ha mostrato che le aziende hanno assunto quasi un milione di lavoratori in meno rispetto a quanto precedentemente stimato nel periodo di dodici mesi terminato a marzo.
L'inflazione resta un nodo da sciogliere
Nonostante i segnali di rallentamento economico, l'inflazione continua a rappresentare una sfida significativa per la Federal Reserve. I prezzi al consumo sono aumentati del 2,9% ad agosto, mentre l'inflazione core si è mantenuta stabile al 3,1%. Powell ha sottolineato come l'aumento dei prezzi dei beni rappresenti la maggior parte, se non la totalità, dell'incremento inflazionistico registrato nel corso dell'anno.
Le proiezioni della Fed indicano che l'inflazione rimarrà più elevata del previsto fino alla fine del prossimo anno, con un ritorno all'obiettivo del 2% non previsto prima del 2028. Questa prospettiva riflette le preoccupazioni legate all'impatto dei dazi commerciali sui prezzi al consumo, anche se Powell ha definito "ragionevole" l'ipotesi che gli effetti inflazionistici delle tariffe siano relativamente temporanei.
Pressioni politiche e indipendenza della banca centrale
Il meeting di settembre ha segnato un momento particolare nella storia recente della Federal Reserve, con la partecipazione di due nuovi membri del board in circostanze controverse. Stephen Miran, neo-governatore nominato dal presidente Trump e confermato dal Senato appena due giorni prima della riunione, ha espresso dissenso chiedendo un taglio più aggressivo di mezzo punto percentuale. La sua presenza ha sollevato interrogativi sull'indipendenza della banca centrale, considerando i suoi legami con l'amministrazione Trump.
Parallelamente, Lisa Cook ha potuto partecipare alla riunione dopo che una corte d'appello le ha concesso il permesso di continuare le sue funzioni mentre affronta la battaglia legale contro il tentativo di Trump di rimuoverla dall'incarico. Il presidente l'ha accusata di frodi immobiliari, accuse che Cook ha respinto e per le quali non è stata formalmente incriminata.
Mercato immobiliare: oltre la politica monetaria
Powell ha affrontato anche le aspettative riguardo all'impatto del taglio dei tassi sul settore immobiliare, spiegando che la Fed dovrebbe implementare cambiamenti "piuttosto significativi" per influenzare sostanzialmente il mercato della casa. Il problema di fondo, secondo il presidente della banca centrale, non è di natura ciclica ma strutturale: una carenza abitativa diffusa su tutto il territorio nazionale.
Il tasso medio per i mutui a tasso fisso a 30 anni si attestava al 6,35% all'11 settembre, secondo i dati di Freddie Mac. Powell ha sottolineato come il raggiungimento della massima occupazione e della stabilità dei prezzi, anche se può richiedere tassi di interesse più elevati, possa promuovere un'economia forte che risulti "favorevole per il settore abitativo".
Le prospettive future e il dot plot
Le proiezioni dei funzionari Fed, visualizzate nel cosiddetto "dot plot", rivelano una certa divisione nelle aspettative future. Nove membri del comitato prevedono tassi tra il 3,5% e il 3,75% per il 2025, mentre sei si attestano su un range tra il 4% e il 4,25%. Le stime per gli anni successivi mostrano un orientamento verso tassi più bassi, tutti sotto il 4%.
I mercati finanziari hanno reagito in modo misto alla decisione, con il Nasdaq e l'S&P 500 che hanno chiuso in calo, mentre il Dow Jones ha registrato un rialzo. Gli investitori avevano già scontato il taglio di un quarto di punto, concentrando l'attenzione sulle dichiarazioni di Powell riguardo alle prospettive future della politica monetaria americana.