L'ufficio anticorruzione argentino ha chiuso il caso che vedeva coinvolto il presidente Javier Milei nello scandalo della criptovaluta LIBRA, una vicenda che ha lasciato sul lastrico migliaia di investitori e sollevato interrogativi sui confini tra attività personale e ruolo istituzionale. La decisione, resa nota venerdì scorso, stabilisce che il capo di Stato non ha commesso alcuna violazione legale quando ha promosso pubblicamente la controversa memecoin lo scorso febbraio. Tuttavia, mentre Buenos Aires archivia il caso, le indagini proseguono in altri paesi, rendendo questa storia tutt'altro che conclusa.
Quando un tweet vale milioni (e li fa perdere)
Era il 14 febbraio quando Milei decise di trasformare San Valentino in un incubo per migliaia di investitori argentini. Attraverso il suo account personale su X, l'ex Twitter, il presidente endorsò con entusiasmo la criptovaluta LIBRA, presentandola come uno strumento rivoluzionario per rafforzare l'economia nazionale attraverso il sostegno alle piccole imprese. Il messaggio includeva persino un "numero di contratto" che permetteva agli investitori di rintracciare il token, non quotato sui principali exchange.
Le conseguenze furono devastanti quanto immediate. Il valore di LIBRA schizzò inizialmente oltre i 5 dollari, per poi precipitare quasi a zero nel giro di poche ore. Una montagna russa finanziaria che ha polverizzato i risparmi di migliaia di persone, trasformando quello che doveva essere un investimento patriottico in una tragedia economica personale per molte famiglie argentine.
L'assoluzione che non convince tutti
L'ufficio anticorruzione, guidato da Alejandro Melik - figura nominata dalla stessa amministrazione Milei nel dicembre 2023 - ha stabilito che il presidente agì nella sua veste di economista piuttosto che come funzionario pubblico. La risoluzione sottolinea come l'account personale di Milei fosse stato creato molto prima della sua presidenza e non risultasse collegato ad alcuna azione statale ufficiale relativa alla criptovaluta.
Paradossalmente, l'indagine era stata avviata su richiesta dello stesso Milei, in un tentativo di chiarire la propria posizione. L'ufficio ha enfatizzato di non aver identificato procedure statali o contratti che coinvolgessero la memecoin LIBRA, concludendo che, nonostante Milei facesse occasionalmente riferimento a politiche pubbliche sul suo account personale, lo faceva a titolo non ufficiale.
I fili nascosti dietro lo scandalo
Ciò che rende questa vicenda particolarmente intricata sono i legami personali emersi tra Milei e i creatori della criptovaluta. Le indagini hanno rivelato diversi incontri tra il presidente e Hayden Davis, ideatore di LIBRA, facilitati dagli imprenditori argentini Mauricio Novelli e Manuel Terrones Godoy. Questi contatti hanno sollevato sospetti sulla natura spontanea dell'endorsement presidenziale.
La situazione si è ulteriormente complicata con le dimissioni di Sergio Morales, ex consulente della Commissione Nazionale Titoli argentina, avvenute mentre la procura indagava sul suo possibile coinvolgimento nello scandalo. Un dettaglio che aggiunge ulteriori zone d'ombra a una vicenda già di per sé opaca.
Un caso ancora aperto oltre confine
Nonostante l'assoluzione domestica, la questione LIBRA continua a tenere banco nei tribunali di tre paesi. Oltre all'Argentina, dove la camera bassa ha votato ad aprile per formare una commissione d'inchiesta (poi bloccata dal partito di governo), le indagini proseguono anche negli Stati Uniti e in Spagna. Una dimensione internazionale che dimostra come le criptovalute abbiano ormai superato ogni confine geografico, rendendo necessario un coordinamento giuridico globale.
Attualmente, LIBRA viene scambiata a 0,030 dollari, registrando un crollo del 96% rispetto al picco raggiunto il giorno dell'endorsement presidenziale. Tuttavia, su base mensile, il token ha recuperato il 37%, un dato che testimonia la volatilità estrema tipica delle memecoin e la persistente speranza di alcuni investitori di recuperare almeno parte delle perdite subite.