Il mondo della tecnologia e degli investimenti è in fibrillazione dopo le rivelazioni sui conti di OpenAI, che evidenziano perdite stratosferiche nel settore dell'intelligenza artificiale. Secondo un'analisi condotta da The Register sui documenti depositati presso la Securities and Exchange Commission (SEC) da Microsoft, il creatore di ChatGPT avrebbe bruciato 11,5 miliardi di dollari solo nell'ultimo trimestre. Una cifra che fa impallidire persino i burn rate più aggressivi visti nell'ecosistema crypto durante i cicli di bull market più intensi, e che solleva interrogativi sulla sostenibilità finanziaria di un'azienda che punta a una valutazione da 1 trilione di dollari in vista di una potenziale IPO.
Il parallelo con il settore delle criptovalute è inevitabile: come molti progetti blockchain che hanno bruciato capitali ingenti promettendo disruption tecnologica, OpenAI sta operando con una struttura finanziaria che privilegia la crescita esplosiva rispetto alla redditività immediata. La recente ristrutturazione della sua divisione for-profit in una public benefit corporation apre la strada a una quotazione in borsa che potrebbe rivelarsi uno dei più grandi IPO della storia, ma anche esporre l'azienda alle fluttuazioni del sentiment di mercato che gli investitori crypto conoscono fin troppo bene.
I numeri emersi dai filing SEC di Microsoft, che detiene il 27% di OpenAI dopo la recente riorganizzazione societaria, dipingono un quadro preoccupante. Le perdite di investimento dichiarate da Microsoft ammontano a 3,1 miliardi di dollari, che proiettati sulla quota detenuta portano alla stima di 11,5 miliardi di perdite totali per OpenAI nel terzo trimestre. Per contestualizzare: si tratta di una cifra quasi equivalente ai 13,5 miliardi persi dall'azienda nell'intera prima metà del 2025, periodo in cui aveva generato appena 4,3 miliardi di ricavi.
La situazione ricorda quella di numerosi protocolli DeFi e layer-1 che hanno raccolto capitali massicci durante fasi di hype, bruciando liquidità per acquisire utenti e quota di mercato senza un chiaro percorso verso la sostenibilità economica. Nel caso di OpenAI, nonostante ChatGPT vanti 800 milioni di utenti attivi settimanali, la monetizzazione rimane problematica: ad aprile, solo 20 milioni pagavano per i tier premium, escludendo gli utenti business e corporate. Un tasso di conversione che farebbe storcere il naso a qualsiasi analista di metriche on-chain.
Le spese in conto capitale stanno esplodendo in modo simile ai costi del gas su Ethereum durante i picchi di congestione della rete. OpenAI ha siglato un accordo con Oracle per acquistare 300 miliardi di dollari di potenza computazionale nell'arco di cinque anni, espandendo il proprio impero di data center per sostenere la domanda prevista. Un investimento colossale che fa sembrare modeste anche le spese per l'infrastruttura mining delle principali mining pool di Bitcoin.
L'azienda fondata da Sam Altman sta scommettendo su proiezioni aggressive che vedono i ricavi raggiungere 200 miliardi di dollari entro il 2030, cavalcando la popolarità senza precedenti di ChatGPT. Tuttavia, la sostenibilità di questo modello rimane tutta da dimostrare, proprio come per molti progetti crypto che hanno promesso adozione di massa senza riuscire a tradurla in flussi di cassa positivi.
Il mercato sta iniziando a mostrare segnali di scetticismo verso gli investimenti massicci in AI. Meta ha subito un crollo dell'11% in borsa giovedì scorso, con una perdita di oltre 200 miliardi di capitalizzazione dopo che Mark Zuckerberg ha annunciato spese fino a 72 miliardi per l'AI nel 2025. Una dinamica che ricorda i sell-off violenti vissuti dai token di progetti overvalued quando il mercato crypto attraversa fasi di correzione e gli investitori riscoprono l'importanza dei fondamentali.
La futura IPO di OpenAI rappresenterà un test cruciale per valutare quanto il mercato pubblico sia disposto a tollerare burn rate estremi in nome dell'innovazione tecnologica. Per gli osservatori del settore crypto, abituati a vedere progetti con treasury multimiliardarie esaurire le riserve in tempi record, la vicenda offre un parallelo istruttivo su come anche nell'universo tech tradizionale, la liquidità infinita non esista e la pressione per dimostrare sostenibilità economica prima o poi si fa sentire. La domanda rimane: OpenAI riuscirà a trasformare la sua posizione dominante in un modello di business profittevole, o si rivelerà un altro caso di hype insostenibile destinato a scontrarsi con la realtà dei numeri?