Le autorità monetarie di Singapore hanno deciso di stringere i controlli sui servizi digitali finanziari, mettendo in difficoltà numerose piattaforme di trading che operavano nella città-stato senza le necessarie autorizzazioni. La Monetary Authority of Singapore ha emanato un ultimatum che scade il 30 giugno, costringendo diverse aziende del settore a rivedere drasticamente le proprie strategie operative nella regione. Questo giro di vite rappresenta un punto di svolta per quello che fino a poco tempo fa era considerato uno dei principali centri asiatici per il trading di criptovalute.
L'effetto domino sui giganti del settore
Le ripercussioni dell'intervento regolamentare si stanno già facendo sentire tra i maggiori operatori internazionali. Secondo fonti interne, piattaforme come Bitget e Bybit stanno pianificando una riorganizzazione dei loro team locali, con il trasferimento del personale verso altre sedi come Dubai e Hong Kong. Questi movimenti strategici dimostrano come l'industria stia reagendo rapidamente alle nuove direttive governative, nonostante i rappresentanti delle aziende coinvolte abbiano preferito non rilasciare dichiarazioni ufficiali sui loro piani futuri.
L'impatto occupazionale potrebbe essere considerevole, considerando che secondo i dati di DeFiance Capital LLC, alcune società impiegano centinaia di dipendenti direttamente a Singapore. La decisione delle autorità locali sta quindi creando un vero e proprio esodo di talenti e risorse verso altre giurisdizioni più accoglienti.
Una mossa annunciata ma non per questo meno drastica
I funzionari della MAS hanno sottolineato che questa decisione non dovrebbe sorprendere il mercato, dato che la loro posizione su questi fornitori di servizi è stata comunicata chiaramente in diverse occasioni precedenti. Tuttavia, l'approccio adottato appare particolarmente rigido: nell'annuncio del 30 maggio, l'autorità ha chiarito che non concederà "tempi di transizione" e che le richieste di licenza presentate in prossimità della scadenza saranno valutate solo in circostanze "estremamente limitate".
Patrick Tan, consulente legale di ChainArgos, una società di intelligence blockchain che non risulta interessata dal provvedimento, ha descritto l'impatto come "severo" per le aziende cripto presenti a Singapore, specialmente quelle che operano principalmente offshore. La sua valutazione evidenzia come questa mossa rappresenti una cesura netta con il passato più permissivo della città-stato.
Il paradosso di un hub in declino
La situazione presenta elementi paradossali se si considera che Singapore continua a ospitare le sedi regionali di colossi come Coinbase e Crypto.com, mantenendo il suo status di centro finanziario di riferimento per l'Asia. Tuttavia, i dati mostrano che anche tra i cittadini locali l'interesse per gli asset digitali sta diminuendo: un'indagine dello scorso anno ha rivelato che quasi il 50% degli investitori ha venduto parte o tutti i propri investimenti in criptovalute, anche se il 67% di questi ha realizzato profitti.
Questo calo di interesse domestico, combinato con le nuove restrizioni regulatory, suggerisce che Singapore stia attraversando una fase di ridefinizione del proprio ruolo nell'ecosistema globale delle criptovalute. Mentre le autorità insistono che solo un numero "molto ridotto" di fornitori sarà effettivamente colpito dal provvedimento, la realtà operativa sembra raccontare una storia diversa, con un impatto che si estende ben oltre le previsioni ufficiali.