Il mercato crypto statunitense si prepara ad accogliere uno dei player più significativi della DeFi: dYdX, exchange decentralizzato specializzato in derivati on-chain, ha annunciato l'intenzione di sbarcare negli USA entro la fine del 2025. La mossa arriva in un momento di svolta regolamentare, con l'amministrazione Trump che ha radicalmente modificato l'approccio federale verso gli asset digitali, aprendo spazi operativi prima impensabili per le piattaforme decentralizzate. Il ritorno di dYdX nel mercato americano – da cui si era ritirata nel 2021 per incertezze normative – rappresenta un test cruciale per verificare se il nuovo framework legislativo possa davvero favorire l'adozione di protocolli non custodial.
Eddie Zhang, presidente di dYdX, ha confermato a Reuters che stabilire una presenza negli Stati Uniti è fondamentale per la direzione futura del protocollo. A differenza di exchange centralizzati come Coinbase e Kraken, che fungono da intermediari custodial, dYdX elimina il middleman consentendo agli utenti di operare direttamente su blockchain attraverso smart contract. Dal lancio, la piattaforma ha registrato oltre 1,5 trilioni di dollari in volumi totali, posizionandosi come riferimento nel trading di perpetual futures decentralizzati.
La strategia di espansione prevede inizialmente l'introduzione di spot trading per Solana (SOL) e altre crypto, potenzialmente includendo XRP e Cardano (ADA), accessibili agli utenti americani entro fine anno. I contratti perpetui – il core business di dYdX che permette di speculare sui prezzi senza scadenza né possesso effettivo dell'asset – non saranno invece immediatamente disponibili, in attesa di linee guida più chiare da parte dei regolatori. Zhang ha espresso ottimismo sul fatto che le autorità forniranno eventualmente il framework necessario per consentire anche ai DEX di offrire derivati.
Il contesto normativo sta effettivamente evolvendo rapidamente. La SEC e la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) hanno recentemente rilasciato una dichiarazione congiunta indicando disponibilità a valutare la possibilità di permettere il trading di crypto perpetual contracts su piattaforme regolamentate statunitensi. Questo segna un cambio di rotta rispetto all'era Gensler, quando numerose cause legali avevano costretto molti protocolli DeFi a limitare l'accesso agli utenti americani. Il GENIUS Act, approvato dal Congresso quest'anno, e il potenziale Market Structure Bill rappresentano i pilastri legislativi che l'industria attendeva da anni.
Per rendere competitiva la propria offerta, dYdX ha annunciato una riduzione drastica delle fee: secondo Reuters, le commissioni verranno tagliate fino al 50%, attestandosi tra 50 e 65 basis point. Una mossa necessaria per contrastare la concorrenza sia dei CEX che di altri DEX emergenti in un mercato dove i margini si assottigliano costantemente e dove gli utenti sono sempre più sensibili ai costi operativi, soprattutto considerando l'impatto delle gas fees su network come Ethereum.
Tuttavia, il sentiment del mercato verso il token nativo DYDX rimane cauto. Al momento della scrittura, DYDX quota circa $0,30, registrando un calo devastante del 68% nell'ultimo anno e perdendo circa 1,43 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato. Il grafico giornaliero mostra il prezzo in fase di consolidamento dopo il crash di mercato del 10 ottobre, riflettendo probabilmente sia le difficoltà generali del settore DeFi sia le incertezze legate alla migrazione della piattaforma verso la propria blockchain appchain basata su Cosmos.
La questione centrale rimane se il modello decentralizzato possa davvero competere con i giganti centralizzati nel mercato retail americano, dove la user experience e il supporto clienti tradizionale contano quanto le fee competitive. Il successo di dYdX negli USA dipenderà non solo dalla chiarezza regolamentare sui derivati, ma anche dalla capacità di attrarre liquidità sufficiente e offrire un'esperienza paragonabile a quella dei competitor custodial, pur mantenendo i vantaggi della non-custodia e della resistenza alla censura che caratterizzano i protocolli DeFi.
 
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
    
             
                    