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Truffatore bitcoin da 5,5 miliardi in carcere

Tempo di lettura 6 min
Davide Greco
Di Davide Greco
Truffatore bitcoin da 5,5 miliardi in carcere

La cattura di Zhimin Qian, definita dalle autorità britanniche come la "pioniera del Bitcoin" e un tempo la donna con la maggiore esposizione in BTC al mondo, rappresenta un punto di svolta nella lotta al riciclaggio di criptovalute. La condanna a oltre 11 anni di carcere inflittale questa settimana chiude un caso da manuale che dimostra come le blockchain, lungi dall'essere rifugi impenetrabili per i criminali, possano invece trasformarsi in strumenti di tracciabilità forensica. Il risveglio di un wallet dormiente per cinque anni è bastato agli investigatori per ricostruire la posizione della fuggitiva, culminando nell'arresto e nella confisca di oltre 61.000 Bitcoin, attualmente valutati intorno ai 5 miliardi di sterline e descritti come il più grande sequestro di criptovalute mai effettuato nel Regno Unito.

La traiettoria criminale di Qian nel mondo crypto inizia nel 2012, quando le autorità cinesi la collegano a schemi piramidali di piccola scala. Ma è con il lancio di "Blue Sky", un'operazione mascherata da società di elettronica con sede a Tianjin, che la donna costruisce quello che diventerà uno dei più vasti fraud crypto della storia: oltre 128.000 vittime in tutta la Cina, attratte da video promozionali patinati e promesse di rendimenti stratosferici in un'epoca in cui le criptovalute erano ancora territorio inesplorato per la maggior parte degli investitori retail. L'ammontare sottratto è stimato in 40 miliardi di yuan (circa 4,3 miliardi di sterline), la maggior parte convertita in Bitcoin quando le valutazioni erano significativamente inferiori agli attuali standard di mercato.

La strategia di Qian rivela una comprensione sofisticata delle proprietà pseudo-anonime delle blockchain. Dopo essere fuggita dalla Cina nel luglio 2017 attraverso il Myanmar su un motorino, è arrivata nel Regno Unito con un passaporto di St Kitts e Nevis intestato a "Yadi Zhang". Il suo comportamento successivo illustra perfettamente il paradosso delle criptovalute come strumento di occultamento: mentre i Bitcoin garantivano una certa opacità nel trasferimento di valore oltre confine, la conversione in asset tradizionali ha inevitabilmente lasciato tracce nel sistema finanziario convenzionale. Il tentativo di acquistare una proprietà da 24 milioni di sterline a Londra nel 2018 ha innescato un suspicious activity report che ha dato il via alle indagini della Metropolitan Police.

Il modus operandi di Qian e dei suoi associati – tra cui Jian Wen, condannata a sei anni e otto mesi, e Seng Hok Ling, che ha ricevuto quasi cinque anni – evidenzia le difficoltà pratiche nel liquidare grandi quantità di criptovalute senza attirare attenzioni. Dopo tentativi falliti di acquistare immobili nel Regno Unito e in Italia, il gruppo è riuscito ad acquisire due proprietà a Dubai nel 2019, giurisdizione nota per controlli meno stringenti. Nel frattempo, Qian evitava Paesi con trattati di estradizione con la Cina e aveva proibito al personale domestico l'uso di dispositivi Huawei o Xiaomi, rivelando una paranoia crescente sulla sorveglianza tecnologica.

Ogni transazione in criptovaluta lascia una traccia, e gli sviluppi tecnologici offrono opportunità sia ai criminali che a chi cerca di fermarli

Il caso solleva questioni cruciali sulla tracciabilità blockchain che contraddicono narrazioni semplicistiche. Quando la polizia ha fatto irruzione nella casa londinese di sei camere da letto nel novembre 2018, ha sequestrato laptop e crypto wallet contenenti l'enorme holding in Bitcoin. Ma Qian era già scomparsa, e per cinque anni i wallet sono rimasti dormienti. Il movimento di fondi rilevato nel febbraio 2024 ha dimostrato che, contrariamente all'opinione popolare, le autorità possono monitorare efficacemente indirizzi blockchain noti, trasformando ogni tentativo di spostare fondi in un potenziale punto di vulnerabilità per chi si nasconde.

Al momento dell'arresto finale a York nell'aprile 2024, Qian trasportava altri 60 milioni di sterline distribuiti su quattro wallet crypto aggiuntivi, oltre a passaporti falsi e contanti. La scoperta solleva interrogativi sul numero effettivo di wallet controllati e sulla possibilità che esistano ulteriori riserve non ancora identificate. Questa dinamica è familiare agli investigatori crypto: i casi di alto profilo come quello di Ross Ulbricht (Silk Road) hanno rivelato wallet secondari anni dopo le condanne iniziali.

Dal punto di vista normativo, il caso arriva in un momento in cui l'Unione Europea sta implementando il regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), destinato a rafforzare i controlli antiriciclaggio nel settore crypto. La capacità delle autorità britanniche di tracciare e sequestrare miliardi in Bitcoin invia un segnale chiaro: le blockchain pubbliche, lungi dall'essere paradisi per i criminali, sono in realtà registri permanenti e trasparenti che, con gli strumenti forensi adeguati, possono essere analizzati retroattivamente. Come sottolineato da Will Lyne, responsabile dei crimini economici e informatici della Metropolitan Police, "ogni transazione in criptovaluta lascia una traccia".

Le testimonianze delle vittime cinesi dipingono un quadro devastante dell'impatto umano dietro i numeri astronomici: famiglie che hanno messo in comune i risparmi di una vita, divorzi, perdita di abitazioni. Uno schema piramidale mascherato da opportunità di investimento crypto ha sfruttato l'entusiasmo degli early adopter cinesi in un'epoca in cui la comprensione tecnica delle blockchain era limitata e la regolamentazione praticamente inesistente. Come ha notato il detective sergeant Isabella Grotto, "l'opportunità di investimento all'epoca poteva sembrare relativamente realistica dato l'ambiente crypto, ma ha avuto effetti devastanti per tutti i soggetti coinvolti".

Il destino dei Bitcoin sequestrati rimane incerto: procedimenti civili sono in corso per determinare quale porzione possa essere restituita alle vittime cinesi. La volatilità intrinseca degli asset crypto complica ulteriormente la questione: il valore dei 61.000 BTC confiscati fluttua costantemente, passando dai 5,5 miliardi di sterline al momento della condanna di settembre ai circa 5 miliardi attuali. Questa variabilità solleva questioni procedurali inedite: dovrebbero le vittime ricevere compensazioni basate sul valore al momento del furto, della confisca o della distribuzione finale? E la custodia a lungo termine di tali quantità da parte delle autorità introduce rischi operativi significativi, come dimostrato da precedenti casi di wallet governativi compromessi.

Il caso Qian stabilisce un precedente importante per le forze dell'ordine globali: i grandi detentori di criptovalute illecite non possono più contare sull'anonimato assoluto, specialmente quando tentano di convertire asset digitali in beni tangibili. La combinazione di analisi blockchain, sorveglianza finanziaria tradizionale e cooperazione internazionale si sta rivelando efficace contro anche i criminali crypto più sofisticati. Mentre la condanna viene celebrata come una vittoria nella lotta al riciclaggio, resta il monito per l'intero ecosistema: la trasparenza delle blockchain può essere un'arma a doppio taglio, e l'illusione di anonimato che ha attratto i primi utilizzatori sta cedendo il passo a una realtà di tracciabilità sempre più pervasiva.

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