La causa scatenante del crollo va cercata nelle minacce tariffarie annunciate dal presidente Donald Trump contro le importazioni cinesi, che hanno innescato una fuga generale dagli asset rischiosi. Gli investitori hanno abbandonato in massa sia i titoli tecnologici che le criptovalute, rifugiandosi nei beni rifugio tradizionali: oro e argento hanno raggiunto livelli record, mentre i buoni del Tesoro americano hanno visto una forte domanda.
Il Bitcoin è precipitato da circa 122.500 dollari fino a toccare un minimo di 104.600 dollari nel pomeriggio di venerdì, perdendo il 15% del suo valore nel momento peggiore della giornata. Ethereum, la seconda criptovaluta per capitalizzazione di mercato, ha subito un calo ancora più severo, attestandosi intorno al 21%. Ma il vero massacro si è consumato nel segmento delle monete speculative: Dogecoin ha perso oltre la metà del suo valore, mentre la controversa $TRUMP coin, legata al presidente americano, è crollata del 63% al suo punto più basso.
Secondo Lukman Otunuga, analista senior di FXTM, "l'aggressiva svendita delle criptovalute è stata innescata da una corsa precipitosa verso asset meno rischiosi". Il fenomeno non ha risparmiato i mercati tradizionali: il Nasdaq ha chiuso in calo del 3,56%, mentre l'S&P 500 ha registrato la peggiore seduta dallo scorso aprile.
Ciò che ha amplificato drammaticamente l'entità del crollo è stata l'elevata leva finanziaria utilizzata da molti operatori. Nel mercato delle criptovalute è diventata prassi comune prendere denaro in prestito per aumentare l'entità delle proprie scommesse, una strategia ad alto rischio che può moltiplicare i guadagni ma anche le perdite. Quando i prezzi hanno iniziato a scendere rapidamente, le piattaforme di scambio hanno automaticamente chiuso le posizioni più esposte per limitare i danni, innescando un effetto domino che ha ulteriormente accelerato il crollo.
Samir Kerbage, responsabile investimenti di Hashdex, una società di gestione specializzata in cripto-asset, ha spiegato che "la mossa di venerdì è stata un esempio da manuale di come la leva possa amplificare la volatilità a breve termine in un mercato attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7". Secondo i dati diffusi da The Kobeissi Letter, circa 1,6 milioni di trader hanno visto le proprie posizioni liquidate forzatamente durante la giornata di venerdì.
La situazione si è ulteriormente complicata quando una stablecoin scambiata su Binance, uno dei principali exchange di criptovalute, ha temporaneamente perso l'ancoraggio uno-a-uno con il dollaro americano. Binance ha ammesso in un comunicato che "alcuni moduli della piattaforma hanno brevemente sperimentato problemi tecnici, e determinati asset hanno avuto problemi di depegging a causa delle forti fluttuazioni di mercato".
Sui social media sono circolate anche speculazioni su possibili casi di insider trading, con utenti che hanno segnalato account anonimi titolari di portafogli crypto che potrebbero aver tratto profitto scommettendo al ribasso sul mercato. Sebbene le accuse di manipolazione siano frequenti in alcuni segmenti del mercato delle criptovalute, si tratta di violazioni estremamente difficili da dimostrare.
Lunedì il Bitcoin si attestava intorno ai 115.000 dollari, stabilizzandosi dopo il tonfo al di sotto dei 105.000 ma senza recuperare completamente le perdite. La principale criptovaluta aveva toccato il record storico sopra i 126.000 dollari appena il 6 ottobre scorso, evidenziando quanto rapidamente la situazione possa cambiare in questo mercato.
Nonostante il parziale recupero delle criptovalute e il rimbalzo dei mercati azionari nella giornata di lunedì, l'incertezza continua a dominare il sentiment degli investitori. Non a caso i futures sull'argento, considerato un altro bene rifugio nei momenti di turbolenza, sono saliti del 7% lunedì raggiungendo un nuovo massimo storico. Per Kerbage di Hashdex, tuttavia, "le forze strutturali – l'adozione degli ETF, i flussi istituzionali e la chiarezza normativa – continuano a sostenere la crescita a lungo termine" delle criptovalute, suggerendo che questo episodio potrebbe rappresentare solo una parentesi in un trend più ampio di consolidamento del settore.