Il mondo della finanza decentralizzata registra l'ennesimo collasso devastante: lo stablecoin Staked Stream USD (XUSD) ha perso martedì scorso oltre il 60% del proprio valore, toccando un minimo storico di 0,30 dollari e segnando uno dei depeg più severi dell'intero 2025. Il crollo è stato innescato dalla rivelazione shock da parte di Stream Finance che un gestore di fondi esterno ha perso circa 93 milioni di dollari in asset sotto gestione, un evento che solleva ancora una volta interrogativi sulla solidità delle infrastrutture DeFi e sulla gestione del rischio nei protocolli di staking. Con una capitalizzazione di mercato che si aggira ora intorno ai 95,6 milioni di dollari e volumi di trading giornalieri di appena 1,59 milioni, XUSD si unisce alla lista crescente di stablecoin che hanno tradito la promessa fondamentale di mantenere la parità con il dollaro USA.
La dinamica del crollo è stata repentina e inesorabile. La società di sicurezza blockchain PeckShield ha lanciato l'allarme nelle prime ore della giornata, quando XUSD aveva perso "solo" il 23% del proprio valore. Nel giro di un'ora, tuttavia, il declino si è approfondito fino a raggiungere il 58%, in quella che gli osservatori del settore hanno definito una spirale di panico tipica delle crisi di liquidità nei protocolli DeFi. Al momento della scrittura, l'asset viene scambiato attorno a 0,48 dollari, con performance a 7 e 30 giorni che rispecchiano entrambe un calo del 62%, confermando l'assenza di segnali di recupero nel breve termine.
Stream Finance ha risposto alla crisi con misure drastiche ma prevedibili: il team ha annunciato via Twitter la sospensione temporanea di tutti i depositi e prelievi mentre sono in corso le indagini sulla perdita. La società ha ingaggiato gli avvocati Keith Miller e Joseph Cutler dello studio legale Perkins Coie LLP per condurre un'indagine completa sull'accaduto, dichiarando che la scelta riflette "un impegno verso la trasparenza e la governance aziendale". Il protocollo sta inoltre ritirando in via precauzionale tutti gli asset liquidi rimanenti, una mossa che potrebbe ulteriormente complicare la situazione per gli utenti che sperano in un rapido sblocco dei fondi.
L'incidente di Stream Finance non è un caso isolato ma si inserisce in un contesto di fragilità sistemica della DeFi che sta caratterizzando il 2025. Solo pochi giorni prima, Balancer V2, uno dei protocolli più longevi del settore, ha subito un exploit da 128 milioni di dollari che ha colpito anche diversi fork del progetto. StakeWise DAO ha confermato di aver recuperato il 73,5% dei fondi compromessi, restituendo oltre 20 milioni di dollari agli utenti grazie alla collaborazione con esperti di sicurezza di Balancer e Gnosis Chain, ma il danno reputazionale per l'intero ecosistema rimane significativo.
I numeri parlano chiaro e disegnano un quadro preoccupante per l'industria. Secondo un recente report di PeckShield, solo nel mese di settembre si sono verificati oltre 20 exploit importanti su piattaforme DeFi, con perdite collettive superiori a 127 milioni di dollari. Sebbene questa cifra rappresenti un calo del 22% rispetto ai 163 milioni persi ad agosto, il totale del 2025 ha ormai superato i 3 miliardi di dollari, una statistica che evidenzia la persistenza di vulnerabilità critiche nei protocolli decentralizzati nonostante anni di sviluppo e audit di sicurezza sempre più sofisticati.
Tra le vittime recenti figura anche il decentralized exchange Bunni, che ha annunciato la chiusura definitiva dopo un hack da 8,4 milioni di dollari. Il team ha dichiarato di non essere in grado di sostenere i costi per nuovi audit di sicurezza, pur assicurando che gli utenti potranno ritirare i propri asset e che i fondi rimanenti del treasury verranno distribuiti ai possessori di token. Questo caso esemplifica come anche exploit di dimensioni relativamente contenute possano risultare fatali per progetti più piccoli, alimentando il dibattito sulla sostenibilità economica della sicurezza DeFi.
La questione centrale che emerge da questa sequenza di eventi riguarda la gestione del rischio di controparte nei protocolli DeFi. Nel caso di XUSD, l'esternalizzazione della gestione di asset per 93 milioni di dollari a un fund manager terzo rappresenta un punto di centralizzazione potenzialmente pericoloso in un sistema che si propone come alternativa decentralizzata alla finanza tradizionale. Gli investitori e gli sviluppatori del settore dovranno riflettere sull'equilibrio tra efficienza operativa e resilienza sistemica, soprattutto considerando che gli stablecoin rappresentano l'infrastruttura di base per la maggior parte delle operazioni DeFi.
Le implicazioni per il mercato crypto italiano ed europeo sono particolarmente rilevanti alla luce dell'imminente entrata in vigore del regolamento MiCA, che introdurrà requisiti stringenti proprio per gli emittenti di stablecoin. Eventi come il depeg di XUSD potrebbero accelerare l'adozione di normative più rigide e controlli sulla gestione dei fondi, potenzialmente ridimensionando il ruolo degli stablecoin algoritmici o a gestione privata a favore di soluzioni più tradizionali e regolamentate. La Consob e gli altri regolatori europei stanno osservando con attenzione questi sviluppi, che potrebbero informare le future linee guida operative del settore.
Guardando avanti, rimangono aperti numerosi interrogativi: Stream Finance riuscirà a recuperare parte dei fondi perduti? Gli utenti riavranno accesso ai propri asset bloccati? E soprattutto, quale sarà il destino di XUSD, che difficilmente potrà ripristinare la fiducia necessaria per ripeggarsi al dollaro? La risposta a queste domande determinerà non solo il futuro del protocollo, ma potrebbe anche influenzare la percezione generale degli stablecoin sintetici e dei protocolli di staking all'interno dell'ecosistema DeFi globale.