Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha rilanciato la sua visione sulla supremazia tecnologica americana, identificando l'industria delle criptovalute come settore strategico del futuro e rivendicando la necessità che Washington mantenga la leadership globale. Le dichiarazioni, rilasciate durante un'intervista a 60 Minutes, intrecciano competizione geopolitica, sicurezza nazionale e posizionamento nel settore blockchain, delineando un approccio che potrebbe ridefinire il quadro normativo crypto negli Stati Uniti. Le affermazioni di Trump arrivano in un momento cruciale per il mercato digitale, mentre il dibattito sull'innovazione tecnologica si intreccia sempre più con questioni di sovranità economica e contrasto all'espansionismo cinese.
Il tycoon ha tracciato un parallelo diretto tra intelligenza artificiale, produzione di chip e industria crypto, posizionandoli tutti come questioni di sicurezza nazionale piuttosto che semplici dinamiche di mercato. Secondo Trump, permettere alla Cina di acquisire vantaggi competitivi in questi settori equivarrebbe a minare le fondamenta del potere americano. "La Cina non otterrà questi chip", ha affermato categoricamente, riferendosi ai semiconduttori avanzati necessari per il mining di criptovalute e l'elaborazione di algoritmi AI.
L'approccio protezionista delineato dal presidente potrebbe avere implicazioni significative per l'ecosistema crypto globale. Il controllo sulla produzione di chip influenza direttamente la capacità di mining di Bitcoin (BTC) e altre proof-of-work coin, oltre alla competitività dei data center che ospitano nodi blockchain e infrastrutture DeFi. La concentrazione della produzione di semiconduttori in territorio americano potrebbe ridisegnare la mappa del mining globale, storicamente dominato da paesi come Cina e Kazakistan prima delle restrizioni.
La connessione tra supremazia tecnologica e stabilità del dollaro non è casuale nel ragionamento trumpiano. La crescente adozione di asset digitali e la possibilità che valute digitali straniere – incluso un eventuale yuan digitale cinese – possano erodere il dominio del biglietto verde preoccupa le istituzioni americane. L'amministrazione Trump sembra voler cavalcare l'innovazione crypto piuttosto che contrastarla, utilizzandola come strumento di soft power economico.
Particolarmente significativo è il passaggio dedicato a Changpeng Zhao, fondatore di Binance (BNB) e figura chiave dell'ecosistema exchange centralizzato globale. Trump ha dichiarato di non conoscerlo personalmente ma ha lasciato intendere che il caso giudiziario contro CZ potrebbe essere stato politicamente motivato. "Molte brave persone mi hanno consigliato di graziarlo", ha aggiunto, aprendo uno scenario potenzialmente favorevole per l'ex CEO di Binance, condannato a quattro mesi di carcere per violazioni delle normative antiriciclaggio.
Questa apertura verso una possibile grazia presidenziale segnala un cambio di rotta rispetto all'approccio enforcement-first della SEC sotto la precedente amministrazione. Il caso Binance ha rappresentato uno dei più significativi scontri tra regolatori tradizionali e piattaforme crypto native, con sanzioni miliardarie e ristrutturazioni societarie che hanno ridefinito gli equilibri nel settore degli exchange. Un eventuale perdono presidenziale invierebbe un messaggio distensivo all'industria, potenzialmente favorendo il rientro di capitali e progetti negli Stati Uniti.
Gli analisti del settore interpretano le dichiarazioni di Trump come parte di una strategia più ampia volta a posizionare gli USA come crypto-hub globale, sottraendo quote di mercato a giurisdizioni come Singapore, Emirati Arabi e Svizzera. La competizione normativa tra paesi per attrarre progetti blockchain di valore rappresenta una dinamica sempre più rilevante, con implicazioni dirette sulla localizzazione di liquidità, sviluppatori e innovazione tecnologica. Per il mercato europeo, vincolato dal framework MiCA recentemente implementato, questo interventismo americano potrebbe accelerare la fuga di talenti verso ecosistemi percepiti come più favorevoli.
Il nesso tra produzione di chip e mining rappresenta un punto critico per l'industria Bitcoin. Attualmente, la maggior parte dell'hashrate globale dipende da hardware prodotto in Asia, creando potenziali vulnerabilità geopolitiche. Una filiera americana completa – dalla produzione di ASIC miner all'hosting in data center nazionali – rafforzerebbe la resilienza della rete Bitcoin ma aumenterebbe probabilmente i costi operativi, con effetti sulla distribuzione geografica del mining e sulla centralizzazione dell'hashrate.
Le prospettive per il settore crypto americano dipenderanno ora dalla capacità dell'amministrazione di tradurre la retorica in policy concrete. Gli operatori attendono chiarimenti normativi su classificazione dei token, tassazione delle transazioni on-chain e requisiti per gli exchange domestici. La posizione trumpiana sembra privilegiare innovazione e competitività rispetto a un approccio esclusivamente regolatorio, ma l'equilibrio tra protezione degli investitori e facilitation tecnologica rimane tutto da definire nei prossimi mesi.