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Bitcoin crolla: chi paga il prezzo della crisi

Tempo di lettura 4 min
Lorenzo Bianchi
Di Lorenzo Bianchi
Bitcoin crolla: chi paga il prezzo della crisi

Il mercato delle criptovalute sta attraversando una fase di turbolenza estrema che mette a nudo la natura intrinsecamente volatile di questa asset class. In appena sei settimane, oltre 1.200 miliardi di dollari sono stati polverizzati dalla capitalizzazione complessiva del settore, con Bitcoin (BTC) che è scivolato sotto i 90.000 dollari questa settimana, perdendo quasi un terzo del suo valore dal picco di ottobre. Si tratta di un crollo che riaccende il dibattito sulla natura stessa delle criptovalute e sul loro ruolo nei portafogli degli investitori retail, particolarmente in Europa dove l'entusiasmo speculativo si scontra con una realtà economica sempre più complessa.

Il sell-off generalizzato ha riportato il prezzo di Bitcoin ai livelli di aprile scorso, confermando ancora una volta come le crypto mantengano una correlazione stretta con gli asset tecnologici ad alto rischio. Secondo quanto riportato dal Financial Times, gli investitori stanno abbandonando le posizioni speculative a livello globale, preoccupati dalle valutazioni stratosferiche dell'intelligenza artificiale e dall'incertezza sul percorso dei tassi d'interesse statunitensi. Il fenomeno evidenzia come, nonostante la retorica della decentralizzazione, il destino delle criptovalute rimanga profondamente legato alle dinamiche del sistema finanziario tradizionale.

La questione fondamentale che questo crollo riporta in primo piano riguarda la valutazione intrinseca degli asset digitali. A differenza delle azioni che generano dividendi o delle valute fiat sostenute da basi fiscali, le criptovalute non producono cashflow né comandano capacità produttiva. Il loro prezzo si regge esclusivamente sulle aspettative: la speranza che qualcun altro confermi domani la valutazione di oggi. Quando il sentiment si deteriora o i capitali vengono ritirati massicciamente, non esiste alcun floor fondamentale a sostenere le quotazioni.

Più di 1.200 miliardi di dollari evaporati in sei settimane dimostrano che senza fondamentali economici, i prezzi crypto non si correggono: collassano

Il Regno Unito emerge come il mercato particolarmente vulnerabile a questa dinamica. I dati mostrano che i cittadini britannici hanno tassi di adozione crypto superiori rispetto ai loro omologhi europei, spesso ricorrendo all'indebitamento per entrare nel mercato con l'obiettivo di "vincere alla grande". I regolatori britannici hanno ripetutamente lanciato l'allarme sul fatto che troppi giovani si rivolgono alle criptovalute come ultima possibilità di scalata sociale, in un contesto economico caratterizzato da salari stagnanti e immobili inaccessibili.

La questione normativa rimane centrale e controversa. Nel 2023, i parlamentari britannici avevano proposto di regolamentare il trading di criptovalute come una forma di gioco d'azzardo, una raccomandazione che il governo conservatore dell'epoca aveva respinto. In Europa, il quadro sta evolvendo con l'implementazione del regolamento MiCA (Markets in Crypto-Assets), che introduce standard di protezione degli investitori significativamente più stringenti rispetto al modello anglosassone, ma la cui efficacia dovrà ancora essere testata in scenari di stress di mercato come quello attuale.

Il panorama politico internazionale sta però complicando ulteriormente le dinamiche regolamentali. L'amministrazione Trump ha operato una virata drammatica sulla posizione statunitense verso le crypto, passando dal definire Bitcoin "basato sul nulla" ad abbracciare il ruolo di "crypto president". Questa svolta ha di fatto smantellato i tentativi dell'era Biden di regolamentare il settore, aprendo la strada a quella che alcuni osservatori definiscono una "machinery di patronage e deregolamentazione senza precedenti" nella politica americana moderna.

Il fenomeno si sta estendendo a livello globale, con figure politiche di destra come Javier Milei in Argentina e Nigel Farage nel Regno Unito che abbracciano aggressivamente le criptovalute. Questi leader utilizzano gli asset digitali per posizionarsi come alternative "insurgent" a un sistema percepito come truccato, accettando donazioni in pagamenti digitali anonimi mentre coltivano rapporti con l'amministrazione Trump. La narrativa della ribellione finanziaria si scontra però con la realtà di un asset class che sale e scende seguendo il Nasdaq, con il sistema del dollaro che rimane la sua infrastruttura invisibile.

Per gli investitori europei, questo episodio di volatilità estrema rappresenta un promemoria cruciale: nonostante il marketing aggressivo che presenta le crypto come strumento di libertà finanziaria, rimangono prodotti ad altissimo rischio la cui stabilità dipende da decisioni prese a Washington. La mancanza di valore economico intrinseco significa che durante i drawdown non esiste un livello di supporto razionale, rendendo le perdite potenzialmente devastanti per chi ha investito somme significative o utilizzato leva finanziaria.

Guardando avanti, il settore crypto si trova a un bivio. Da un lato, la spinta deregolamentatoria americana potrebbe stimolare innovazione e adozione negli Stati Uniti, attraendo capitali e progetti. Dall'altro, l'Europa con il MiCA sta costruendo un framework che privilegia la protezione degli investitori retail, potenzialmente a scapito della velocità di innovazione. Il prossimo ciclo di mercato mostrerà quale approccio risulterà più sostenibile nel lungo termine, mentre gli investitori dovranno fare i conti con una volatilità che appare strutturale piuttosto che accidentale.

Disclaimer

I contenuti di CoinLabs sono forniti esclusivamente a scopo informativo ed educativo e non costituiscono in alcun modo consulenza finanziaria o raccomandazioni di investimento; il mercato delle criptovalute comporta rischi significativi e si consiglia di consultare un consulente finanziario qualificato prima di prendere qualsiasi decisione di investimento.