L'universo delle criptovalute potrebbe essere sul punto di compiere un passo decisivo verso la legittimazione istituzionale. S&P Global ha introdotto lo scorso 7 ottobre un nuovo strumento di misurazione che combina per la prima volta criptovalute e azioni di società del settore: si tratta dell'S&P Digital Markets 50 Index, un indice ponderato per capitalizzazione di mercato che traccia l'andamento di 50 asset digitali distribuiti tra questi due mondi. L'operazione segna una svolta potenzialmente storica, considerando che S&P Dow Jones Indices è l'emittente del celebre S&P 500, probabilmente l'indicatore di mercato più seguito al mondo.
La portata simbolica dell'iniziativa è immediatamente comprensibile se si considera il ruolo che l'S&P 500 gioca nella finanza tradizionale. Quando gli investitori vogliono sapere come sta andando "il mercato", consultano quell'indice. Quando desiderano investire seguendo l'andamento generale delle quotazioni, scelgono fondi comuni o ETF che lo replicano. L'arrivo di un equivalente per il settore crypto, firmato dallo stesso emittente, potrebbe rendere l'investimento in asset digitali altrettanto accessibile e familiare quanto quello in azioni.
Eppure, non si tratta del primo tentativo di creare uno strumento simile. Coinbase Global aveva lanciato il proprio Coinbase 50 Index già nel novembre 2024. La differenza cruciale sta nell'approccio: mentre gli indici crypto esistenti si concentrano tradizionalmente o sulle criptovalute o sulle azioni di società del settore, mai su entrambe contemporaneamente, il nuovo prodotto di S&P rappresenta un vero ibrido che abbraccia l'intero ecosistema.
Le implicazioni pratiche potrebbero essere rilevanti per il mercato. L'introduzione di questo indice apre la strada alla creazione di ETF e fondi comuni dedicati che permetterebbero agli investitori di ottenere esposizione diversificata all'intero comparto crypto con una singola operazione. Non sarebbe più necessario destreggiarsi tra piattaforme di scambio diverse o gestire portafogli complessi per bilanciare l'esposizione tra valute digitali e titoli azionari correlati.
Sul lungo periodo, la vera rivoluzione potrebbe arrivare se colossi della gestione patrimoniale finora restii decidessero di abbracciare il settore. Vanguard, gigante da 10 trilioni di dollari noto per i suoi fondi indicizzati, ha sempre evitato le criptovalute. Tuttavia, lo scorso settembre ha lasciato intendere una possibile apertura verso ETF crypto di terze parti, come quelli spot su Bitcoin, per i clienti interessati. Se un player di tale calibro entrasse nel mercato, rappresenterebbe la conferma definitiva dell'ingresso delle criptovalute nel circuito finanziario mainstream.
Resta però da chiedersi se l'approccio indicizzato, che funziona efficacemente per le azioni, abbia senso anche per le criptovalute. Esistono centinaia di aziende solide in cui investire, ma si può dire lo stesso per le monete digitali? Non a caso, il nuovo indice S&P traccia soltanto 15 criptovalute. Oltre a Bitcoin ed Ethereum, che rappresentano i pilastri indiscussi del settore, le alternative valide si assottigliano rapidamente. Solana e XRP figurano tra le prime sei per capitalizzazione, ma dopo cosa rimane?
Il rischio di includere asset troppo speculativi è concreto. Osservando la composizione del Coinbase 50 Index emerge un quadro eterogeneo: ci sono meme coin, token legati all'intelligenza artificiale e strumenti di finanza decentralizzata che difficilmente attraggono investitori istituzionali. Inoltre, esiste il pericolo dell'eccessiva diversificazione: distribuire gli investimenti su 50 asset digitali potrebbe non offrire alcuna diversificazione reale oltre le prime posizioni, generando invece costi aggiuntivi per il ribilanciamento periodico del portafoglio.
Un ulteriore elemento da considerare riguarda la correlazione tra gli asset. La maggior parte delle azioni legate alle crypto dipende fortemente dall'andamento di Bitcoin. Le società di mining e le cosiddette "Bitcoin treasury companies" seguono sostanzialmente il prezzo della criptovaluta principale. Di conseguenza, un paniere più ampio di titoli del settore potrebbe non garantire quella diversificazione che teoricamente dovrebbe offrire.
Nonostante questi interrogativi legittimi, l'iniziativa di S&P Global merita riconoscimento. Come minimo, fornirà agli investitori uno strumento rapido per valutare lo stato di salute complessivo dell'ecosistema crypto, analogamente a quanto l'S&P 500 permette di fare per il mercato azionario americano. Rimane da verificare se i futuri ETF o fondi comuni basati su questo indice si riveleranno effettivamente investimenti sensati, ma il segnale lanciato verso la maturazione del settore è inequivocabile. La strada verso l'integrazione definitiva delle criptovalute nella finanza tradizionale passa anche attraverso la creazione di strumenti familiari e standardizzati come questo.